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centuata nell’ambito di quelle inferiori»: sono infatti i piccoli proprie-

tari a monopolizzare «in assoluto il fenomeno delle scomparse»

18

.

Perfettamente coerente con tale panorama sociale è l’immagine del-

la straordinaria stabilità del gruppo dirigente torinese che emerge dalle

recentissime e sistematiche analisi prosopografiche di Alessandro Bar-

bero: quasi i tre quarti dei consiglieri in carica nel 1415 apparteneva a

famiglie, che, già rappresentate in credenza nel 1363, avrebbero conti-

nuato a esserlo per circa mezzo secolo. L’oligarchia che governava Tori-

no era infatti costituita «non tanto da individui, quanto da parentele,

radicate da generazioni in città», che si trasmettevano «di padre in fi-

glio, insieme al cognome, ricchezza fondiaria e influenza politica»

19

. Si

osservi tuttavia che le grandi parentele nobiliari subirono nel periodo qui

considerato una contrazione sensibile: nel 1415 i Borgesio contavano an-

cora 13 capifamiglia, i Beccuti 9, i Gorzano 8, i della Rovere 4, mentre

cinquant’anni prima ne annoveravano rispettivamente 21, 11, 7 e 6

20

.

Esse rimasero però sufficientemente ampie da occupare un numero co-

spicuo di seggi in consiglio comunale. Era appunto la loro robusta con-

sistenza numerica, che consentiva di farne avvertire politicamente la pre-

senza in ogni occasione, a differenziare le strutture familiari dei nobili

da quelle dei popolari, ancora costituite, come mezzo secolo prima, da

un massimo di tre o quattro famiglie coniugali

21

.

Al di là di questo elemento di differenziazione, come ovunque av-

veniva in Occidente, la forma prevalente di aggregato domestico era la

famiglia coniugale. Essa era regolata in tutti i ceti sociali, dalle stesse

norme di trasmissione dell’eredità in parti uguali fra tutti i figli maschi,

dalla subordinazione di questi ultimi, anche maggiorenni o sposati,

all’autorità del padre fino alla sua morte, tranne in caso di emancipa-

zione, dal riconoscimento ufficiale degli stessi diritti alle donne e in par-

ticolare dal diritto della vedova a ottenere la restituzione della dote. Era

la famiglia coniugale a costituire, per i meno abbienti, l’orizzonte do-

mestico più importante, mentre per i ceti eminenti tale orizzonte si al-

largava sino a comprendere l’intera

progenies

di quanti discendevano da

un antenato comune, portavano lo stesso cognome ed operavano soli-

dalmente sul terreno politico ed economico

22

.

La famiglia coniugale costituiva anche la principale unità impositi-

L’economia

107

18

Ibid.

, pp. 44, 47.

19

barbero

,

Un’oligarchia urbana

cit., p. 307.

20

carmine

,

Accertamenti demografici

cit., pp. 73-79.

21

barbero

,

Un’oligarchia urbana

cit., pp. 309-10.

22

Ibid.

, pp. 281-82, cui segue una nitida ricostruzione delle strutture familiari torinesi fra Tre

e Quattrocento.