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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

un’avanzata davvero spettacolare, che ne avrebbe fortemente incre-

mentato la superficie. Nel 1415, con circa 450 giornate, esso non co-

priva tuttavia che il 3,8 per cento dei terreni dichiarati a catasto: non

molto più del 2 per cento circa occupato, nelle sue varie articolazio-

ni (alteno, terra altenata, con vigna, con gerbo, con prato, con prato

e bosco), alla metà del secolo precedente. I suoi timidi progressi era-

no bilanciati da una leggera flessione della vigna, la cui superficie pas-

sò dal 6,7 per cento nel 1363 al 5,2 per cento nel 1415. La sua diffu-

sione, a scapito di quest’ultima, coltivata per lo più bassa su sostegni

morti (canne o pali) e divoratrice di una maggiore quantità di mano-

dopera, appare tuttavia inarrestabile, come dimostra chiaramente il

caso di Lucento, anche negli anni più duri della depressione demo-

grafica, nonostante che l’impianto di qualche filare (

gricia

) di vite su

olmi o aceri richiedesse un impegno di anni. Non per nulla nei primi

decenni del Quattrocento erano relativamente frequenti nelle cam-

pagne torinesi gli arativi o le vigne che si stavano trasformando in al-

teni: come quelle 7 giornate di arativo, dichiarate a catasto nel 1415

dal notaio Melano Gastaldi, nelle quali si trovavano «grecie

xi

altini

incepti de novo»

44

.

È difficile valutare la produttività delle vigne e degli alteni torinesi

in rapporto alle necessità locali. Una cosa è tuttavia certa, come dimo-

strano gli introiti che il principe d’Acaia e il comune di Torino percepi-

vano, rispettivamente per un terzo e per i due terzi, dal dazio sul vino

importato a Torino, su cui dal 1328 si pagavano 3 grossi tornesi a staio:

in città entravano quantità molto variabili, ma quasi sempre cospicue di

vino che integravano la produzione locale e quantità altrettanto consi-

stenti vi transitavano, dirette probabilmente verso le zone montane. Gli

introiti del dazio, altrettanto instabili, sono quanto mai interessanti: per

non citare che qualche esempio, grazie ad esso il signore incassò com-

plessivamente 264 lire fra l’ottobre 1323 e l’ottobre 1324, 125 lire di

viennesi deboli dal luglio 1340 al luglio 1341, 541 lire fra l’aprile 1348

e il luglio 1349, 398 lire nonostante la presenza della peste nera nei do-

dici mesi successivi, 480 lire nel 1350-51, ben 727 lire nel 1351-52, 569

lire nel 1352-53, un po’ meno di 136 lire dal 21 agosto 1354 alla fine di

44

Per uno sguardo complessivo sulla diffusione dell’alteno nella regione subalpina:

r. comba

,

Paesaggi della coltura promiscua: alteni, «gricie» e terre altenate nel Piemonte rinascimentale

, in

id

. (a

cura di),

Vigne e vini nel Piemonte rinascimentale

, Cuneo 1991, pp. 17-36; cfr.

id

.,

Contadini, signori

e mercanti nel Piemonte medievale

, Roma-Bari 1988, pp. 68-69, 157. Per il Torinese è fondamen-

tale:

s. benedetto

,

Viticoltori di città: vite e strutture sociali a Torino nel

xv

secolo

, in

r. comba

(a

cura di),

Vigne e vini nel Piemonte medievale

, Cuneo 1990, pp. 143-61. Per l’alteno di Malano Ga-

staldi: ASCT, Pust. 1415, f. 11

v

.