

no, per ogni appezzamento di terra, l’ubicazione, l’estensione in gior-
nate e tavole, il nome dei proprietari confinanti, il valore fiscale. Per
quanto vario fosse il valore delle terre censite e per quanto rimanga ve-
ro che l’imponibile rappresentasse il criterio più sintetico e adeguato per
misurare la ricchezza dei contribuenti, la necessità non soltanto di com-
parare i dati interni ai singoli estimi, ma di attingere informazioni da
estimi diversi, induce in questa sede ad analizzare la struttura della pro-
prietà e le sue forme di conduzione, partendo da una riflessione sulla
quantità di terra posseduta dai singoli capifamiglia torinesi.
L’incompletezza dei libri d’estimo del 1349-50, sopravvissuti per so-
li tre quartieri su quattro, rende problematica ma non impossibile l’uti-
lizzazione dei dati che vi sono contenuti e la loro comparazione con quel-
li successivi. Si sa per esempio che su un totale di 587 contribuenti re-
gistrati a catasto, i 418 capifamiglia che possedevano terre detenevano
in media 20,7 giornate
pro capite
, media che nel 1363 saliva sensibil-
mente, forse grazie alle perdite inflitte dalla peste, quando ogni capo-
famiglia possedeva mediamente 22,87 giornate di terreno. Di 19 gior-
nate è la superficie media accertata per ogni contribuente nel 1415.
Un’analisi più approfondita mostra tuttavia che quella torinese, lun-
gi dall’essere una società tendenzialmente egualitaria, costituiva un esem-
pio da manuale della concentrazione della terra nelle mani di una ristretta
cerchia di persone, fossero esse di estrazione nobiliare o popolare: i soli
proprietari di più di 50 giornate controllavano il 57,7 per cento della su-
perficie censita nel 1349-50 e il 50,34 per cento nel 1415. Essi rappre-
sentavano però in ambedue i catasti poco meno del 9 per cento dei con-
tribuenti. Per contro coloro che possedevano meno di 10 giornate, uni-
ti a quanti non avevano beni fondiari, rappresentavano circa il 66 per
cento della popolazione complessiva nel 1349-50, circa il 62 per cento
nel 1363 e oltre il 57 per cento nel 1415. Essi controllavano tuttavia sol-
tanto un decimo circa della superficie totale censita, che andava esten-
dendosi progressivamente. Pochissimi, in genere non più di tre, erano i
patrimoni superiori alle 300 giornate, ossia a circa 100 ettari
52
.
Fra i maggiori possessori di terre alla metà del Trecento si incontra-
no, oltre al notaio Francesco Barraco, il
miles
Giacometto Provana, Fi-
L’economia
125
52
Per gli anni 1349-50:
pascale
,
Fisionomia territoriale
cit., p. 233, tav. 9. Per il 1363:
ro-
telli
,
Una campagna medievale
cit., p. 352. Per il 1415:
benedetto
,
Forme e dinamiche del paesag-
gio rurale
cit., pp. 246-47; i dati del Rotelli al riguardo – p. 355, tav. 19 – sono evidentemente er-
ronei e tengono probabilmente conto anche dei forestieri con beni sul territorio di Torino. Riser-
ve sul valore documentario di questo libro sono d’altronde già state espresse in altra sede:
r. comba
,
Su una campagna medievale: il Piemonte fra
xiii
e
xv
secolo
, in «Rivista storica italiana»,
lxxxvii
(1975), pp. 736-48, ora in
id
.,
Metamorfosi di un paesaggio rurale
cit., pp. 197-208.