

luglio 1355. Per avere un’idea delle quantità di vino che poteva essere
introdotta, per il consumo sia dei Torinesi, sia dei viaggiatori che vi era-
no ospitati, bastino alcune cifre. Nel 1350-51 entrarono in città 2155
staia di vino e 44
corbellate
di uva e transitarono per il territorio 225
carrate, 524
cavallate
e 49
somate assinorum
di vino. L’anno successivo
fecero invece il loro ingresso in Torino ben 3355 staia di vino, oltre a
una carrata e 320
corbellate
di uva, e vi transitarono 340 carrate, 146
cavallate
e 52
assinate
45
.
Tra gli alberi tutori della vite non si contavano soltanto olmi o ace-
ri, ma, secondo la testimonianza di un viaggiatore francese di inizio Cin-
quecento che descrisse i dintorni di Rivoli, anche i mandorli; le viti che
vi erano maritate erano probabilmente allevate a festoni. Le fonti tre-
centesche non sono così precise nel descrivere gli alteni torinesi, ma è
noto da tempo che in quel secolo il consiglio comunale cercò di favori-
re in ogni modo la diffusione di mandorli e ulivi, giungendo a obbliga-
re i proprietari terrieri a piantarne nelle loro vigne. Come è stato sotto-
lineato, il moltiplicarsi di simili ingiunzioni potrebbe essere «l’indizio
di un raffreddamento del clima, che avrebbe scoraggiato i proprietari
dalla coltivazione del mandorlo e soprattutto dell’ulivo, largamente pre-
sente in passato nella regione»
46
. Nonostante ciò è certo che il clima con-
sentiva allora la presenza di colture arboricole che sarebbero successi-
vamente scomparse dal Torinese e che esso non ebbe probabilmente
grande peso sugli sviluppi della crisi economica nella regione
47
.
Contemporaneamente all’arretramento dell’arativo e alla leggera
avanzata dell’alteno, si assiste all’espansione del prato, fenomeno clas-
sico della riconversione economica bassomedievale: il prato, nelle sue
varie forme, secco, con acqua, con bosco o con gerbo, raggiungeva oltre
il 21 per cento della superficie censita nel 1349-50, circa il 22 per cen-
L’economia
121
45
CCT, rot. 6, 16, 23, 24, 25, 26, 27, 28, sempre alla voce
forinseca
. Da segnalare, fra il 3
aprile 1348 e il 18 luglio 1349, introiti relativamente alti di vino e di uva in città (rispettivamen-
te 2528 staia e 983 corbellate) e transiti di vino per il territorio assai poco consistenti: 82 carrate
e 51
somate
(CCT, rot. 23). Integrazione della produzione locale: fra l’ottobre 1357 e il novembre
1358 il vino introdotto «de extra iurisdictionem dicte civitatis intus dictam civitatem» fu scarso,
disse il clavario, «propter habundanciam vini recollecti per homines Taurini» (CCT, rot. 33).
46
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit., p. 91. Per Rivoli:
comba
,
Paesaggi della coltura promi-
scua
cit., pp. 17-18, 28. Diffusione del mandorlo e dell’ulivo: ASCT,
Ordinati
, 15, f. 53
v
(febbraio
1369: «quisque habens vineam teneatur plantare de olivis et mandorlis»); CCT, rot. 52 (1392-94),
banna
: «recepit a Petro Bisacha de Montecalerio, quia traxit et exportavit unam olivam de pos-
sessione Berthini Triquer», XX sol [b.m.];
p. gribaudi
,
Olive e zafferano sulle colline di Torino
, in
«BSBS»,
iii
(1898), pp. 298-301.
47
Cfr.
rotelli
,
Una campagna medievale
cit., pp. 90, 96. Da un punto di vista più generale:
j.
day
,
Crisi e congiunture nei secoli
xiv
e
xv
, in
m. firpo
e
n. tranfaglia
(a cura di),
La storia
, I, To-
rino 1988, pp. 245 sgg. e la bibliografia ivi citata.