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la Dora nella proprietà di Vialbre, venduta da Franceschino Beccuti a

Paganino Borgesio nel 1361, e in quella, pure appartenente ai Beccuti,

del Viboccone, nell’area dell’attuale Regio Parco

56

. Si apre tuttavia a que-

sto punto un problema: quali erano le forme di conduzione della grande

proprietà fondiaria? Un fatto è certo: dal punto di vista della gestione

le possessioni maggiori, anche le più cospicue come quelle di Drosso, Lu-

cento, Viboccone, Vialbre, organizzate attorno a una dimora fortifica-

ta, non costituivano affatto aziende unitarie. Soprattutto, se non in pic-

cola parte, non erano gestite in economia: un sistema diffuso, come in

gran parte del Piemonte trecentesco, era la concessione in affitto (per-

petuo o a lunga scadenza), a una moltitudine di coltivatori, delle nume-

rosissime parcelle che le costituivano

57

. Se questa era forse la forma di

conduzione prevalente, rimangono ancora da chiarire allo stato attuale

degli studi, per la carenza di fonti documentarie (contabili e notarili) ade-

guate, sia il ruolo, le caratteristiche e l’importanza delle forme di con-

duzione diretta, sia la diffusione e i contenuti dei contratti di

masoeria

di cui Franco Panero ha recentemente sottolineato le peculiarità

58

.

Forme di conduzione diretta di tipo arcaico, rese possibili dalle

corvées

dovute da un certo numero di enfiteuti, in modo non dissimile

da quanto avveniva un tempo nel sistema curtense, sono documentate

con grande chiarezza per Lucento. La carta di franchigia concessa da Ri-

baldino Beccuti nell’agosto 1398, a cui si è accennato, nel menzionare

gli obblighi dei sette contadini che la sottoscrissero, titolari ciascuno di

una concessione enfiteutica di 32 giornate di terreno, precisa infatti non

soltanto l’entità dei canoni, per lo più fissi, in denaro e in natura dovu-

ti ai signori del luogo, ma il numero e il tipo di

roide

o

corvées

che ognu-

no di essi doveva prestare: tre l’anno, con i buoi, se il contadino li pos-

sedeva. Ciò significa che, secondo uno schema che nel Piemonte del Tre-

cento non appare troppo peregrino

59

, il Beccuti si riservò

in loco

la

L’economia

127

56

Cfr.

settia

,

Modelli insediativi periurbani

cit.,

«Airali», «palazzi» e «motte»

, in questo stes-

so volume, pp. 63 sgg.

57

rotelli

,

Una campagna medievale

cit., pp. 36 sgg., 131 sgg.;

barbero

,

Un’oligarchia urbana

cit., pp. 108 sgg.

58

f. panero

,

Viticoltura, patti mezzadrili e colonia parziaria nel Piemonte centro-meridionale (se-

coli

xv

-

xvi

)

, in

comba

(a cura di),

Vigne e vini nel Piemonte rinascimentale

cit., pp. 105-29, soprat-

tutto p. 118 sgg., ora in

id

.,

Strutture del mondo contadino. L’Italia subalpina occidentale nel basso

Medioevo

, Cavallermaggiore 1994, pp. 105-37 (soprattutto pp. 124 sgg.).

59

Cfr.

f. panero

,

L’evoluzione dei patti agrari e la viticoltura nell’Albese fra la metà del secolo

xii

e la metà del Quattrocento

, in

comba

(a cura di),

nel Piemonte medievale

cit., pp. 132-34;

com-

ba

,

Contadini, signori e mercanti

cit., pp. 52-53. Da un punto di vista generale:

id

.,

Crisi del sistema

curtense e sperimentazioni aziendali (secoli

xi

-

xiii

)

, in

firpo

e

tranfaglia

(a cura di),

La storia

cit.,

pp. 91-116.