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– che, censendo i beni dei contribuenti di tre quartieri soltanto, regi-

strano in totale 200 bovini e 832 ovini – rivelano tuttavia che, come

contemporaneamente avvenne in molte regioni europee, l’allevamento

ovino conservò un’importanza fondamentale e che, per contro, il nu-

mero dei bovini fu relativamente scarso. Si sa del resto che nel basso

medioevo la carne di montone era certamente assai venduta nelle ma-

cellerie cittadine e che i beccai torinesi allevavano quantità cospicue di

pecore, che, come è noto, venivano conteggiate a gruppi di trenta capi,

o trentenari. Il beccaio Rana, per esempio, era nel 1377 proprietario di

«molti trentenari di bestie lanute». Gli animali erano talora acquistati

in grandi quantità, come quei sette trentenari di pecore che un figlio

del Rana, Vietto Ranotti, chiese nel 1397 di poter importare senza pa-

gare la gabella dovuta. L’esportazione di ovini cresciuti nei dintorni di

Torino doveva tuttavia essere assai più consistente, e frequente, della

loro importazione, se nel 1380 il comune decise di imporre una gabella

su montoni e bovini di qualunque provenienza che avessero pascolato

più di quattro giorni sul territorio torinese e ne fossero stati esportati

per essere venduti; la sospese poi perché gli allevatori – ventuno, per lo

più beccai – accettarono di sostituirla con un prestito forzoso da essi

stessi sottoscritto

49

.

La consistenza dell’allevamento ovino non stupisce se si pensa che

il territorio torinese, soprattutto nella sua parte collinare, era ricco di

boschi ed incolti, controllati per lo più dai grandi proprietari, e che piut-

tosto estesi dovevano esservi gli incolti comuni. La relativa prossimità

ai pascoli alpini favoriva inoltre il ricorso alla transumanza, che con-

sentiva un risparmio cospicuo nel consumo di foraggio locale. Del resto

a quest’ultima si ricorreva allora anche per l’allevamento suino, come

dimostrano con grande chiarezza certi resoconti sopravvissuti del pe-

daggio del Moncenisio, dove, nei tre anni compresi fra il 15 aprile 1341

e il 26 aprile 1344, transitarono complessivamente 1192 buoi e vacche,

35 868 ovini e caprini adulti, 3789 agnelli e ben 9415 porci. E proprio

l’allevamento dei suini costituiva probabilmente una delle voci attive

dell’economia della zona tanto da renderne usuale l’esportazione, come

parrebbe dimostrare il fatto che una tariffa del pedaggio di Torino ri-

salente al 1344 e una tariffa del pedaggio minuto di Rivoli del 1297 pre-

L’economia

123

49

Carico bestiame 1349-59:

pascale

,

Fisionomia territoriale

cit., p. 229. Consumo di carne

ovina:

a. m. nada patrone

,

Il cibo del ricco e il cibo del povero. Contributo alla storia qualitativa

dell’alimentazione. L’area pedemontana negli ultimi secoli del Medioevo

, Torino 1981, p. 260. Ma-

cellai e allevamento: ASCT,

Ordinati

, 18, f. 121

r

; 21, ff. 49

r

-55

r

; 38, f. 51

v

;

barbero

,

Un’oligar-

chia urbana

cit., pp. 97-99.