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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

lippo e Raimondino Borgesio, il giurisperito e

dominus

Antonio Arpino.

Se poco sappiamo degli interessi non torinesi del Barraco, i ceppi fami-

liari evocati dagli altri nomi rinviano tutti a presenze patrimoniali, più o

meno antiche, ubicate anche al di fuori del

districtus

cittadino, che in

qualche caso si traducevano in egemonie locali orientate in senso signo-

rile: verso la metà del Trecento, per esempio, Borgesino Borgesio risul-

tava consignore di Bruino e di Altessano Inferiore, mentre Filippino Bor-

gesio deteneva una quota della giurisdizione di Fiano. Poteva tuttavia

succedere anche il contrario: che cioè i membri di alcune famiglie nobi-

liari avessero in città un peso politico e godessero di un prestigio che ave-

va ben pochi riscontri nei fondi controllati nel territorio torinese e che

invece si basasse interamente su una presenza di tipo signorile nelle cam-

pagne. Fu questo il caso dei della Rovere che, presenti con un robusto

patrimonio a Vinovo sin dalla metà almeno del

xiii

secolo, continuarono

ad allargarvi i propri possessi procedendo anche ad acquisti assai impe-

gnativi, come quello di 325 giornate acquistate nel 1331 fra Vinovo e

Candiolo dai signori di Rivalta. Se, dunque, in un’ottica puramente agra-

ria, un’analisi fondata esclusivamente sugli estimi e sulle altre fonti to-

rinesi appare pienamente giustificata, l’allargamento dell’orizzonte a un

ambito regionale consente di precisare le nostre conoscenze sulla qualità

dei rapporti politico-sociali in città e di valutare meglio le ragioni dell’ege-

monia e i mezzi economici a disposizione di quelli che, con un po’ di ge-

nerosità, Alessandro Barbero ha chiamato i «magnati torinesi»

53

. Senza

contare che l’orientamento signorile di qualcuna di queste famiglie, co-

me quella dei Beccuti, si concretizzò all’interno stesso del

districtus

cit-

tadino. A Lucento infatti Ribaldino Beccuti, detenendo, come si è ac-

cennato, un vasto patrimonio fondiario peraltro regolarmente denunciato

a catasto, ottenne nel 1397 l’investitura della giurisdizione del luogo, che

fu poi fonte di ripetuti attriti con le autorità comunali

54

. In modo analo-

go la grangia di Drosso, appartenente in origine ai cistercensi di Staf-

farda, passò nel 1334, con oltre 1000 giornate di terreno e la giurisdi-

zione sugli uomini del luogo, nelle mani di Corrado da Gorzano i cui ere-

di la cedettero poi ai Vagnoni di Trofarello

55

.

Beni di minore estensione, ma comunque organizzati intorno a inse-

diamenti fortificati (

castra

,

ayralia cum fossatis

,

palacia

), troviamo oltre

53

barbero

,

Un’oligarchia urbana

cit., pp. 74 sgg. e soprattutto pp. 78, 82.

54

benedetto

,

Una rifondazione signorile

cit., pp. 89 sgg.

55

bonardi

,

Castelli e dimore patrizie

cit., p. 271;

a. a. settia

,

Modelli insediativi periurbani

, in

questo stesso volume, pp. 49 sgg., e, per i loro interessi lungo la valle di Susa,

barbero

,

Un’oli-

garchia urbana

cit., pp. 74 sgg.