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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

anche il peso delle combinazioni in cui essa è presente e soprattutto di

quelle in cui appare associata con l’arativo e il bosco, che la rifornisce

di pali e, talora, di vimini

68

.

Chi interpretasse questo leggero calo di importanza della

vinea

come

un sintomo di arretramento della viticoltura nel Torinese sarebbe tut-

tavia completamente fuori strada. Se infatti è vero che le associazioni

colturali in cui essa è presente scendono da 473 nel 1363 a 465 nel 1415,

su un «effettivo agricolo», sostanzialmente immutato, rispettivamente

di 566 e di 565 Torinesi possessori e proprietari di terre, è altrettanto

vero che, tenendo conto anche delle combinazioni di cui l’alteno è par-

te integrante, i cittadini torinesi che detengono almeno qualche filare

di vite salgono a 486 nel 1363 e a 498 (l’88 per cento) nel 1415. In-

somma, come è stato rilevato a proposito dei dati attinti dagli estimi del

1349-50, quasi nessun Torinese è «disposto a rinunciare a produrre da

sé il proprio vino»

69

. La lenta avanzata dell’alteno che queste cifre rive-

lano è tuttavia ancora lontana dal sovvertire la struttura agraria trecen-

tesca: occorrerà un altro mezzo secolo perché quest’ultimo soppianti la

vigna nel ruolo di coltura dominante e si imponga come la costante prin-

cipale delle combinazioni colturali torinesi

70

.

Quali scelte colturali distinguevano i piccoli dai maggiori patrimoni

terrieri? La risposta non può non tenere conto del quadro di sempre più

accentuato orientamento policolturale che caratterizza la proprietà fon-

diaria cittadina: i patrimoni gestiti con criteri monocolturali, che costi-

tuiscono più del 23 per cento nel 1363, non rappresentano infatti che il

14 per cento nel 1415 e l’11 per cento nel 1445. Soltanto le proprietà

maggiori offrono tuttavia alla nostra osservazione un quadro di asso-

ciazioni colturali pressoché completo, per lo più costituito da vaste esten-

sioni di arativo e talora di prato, integrate da un certo numero di ap-

pezzamenti di bosco, di vigna o di alteno. Le minori, per contro, non

riescono quasi mai ad articolarsi su un vasto ventaglio di combinazioni.

Inoltre notiamo che l’estensione dei terreni dedicati ad alcune colture,

come la vigna, non sempre aumenta in proporzione a quella del patri-

monio a cui essi appartengono. Nel 1349-50, per esempio, l’estensione

della quantità di vigna posseduta da un contribuente varia da un mini-

mo di 20 tavole a un massimo di 25 giornate; mentre però nel primo ca-

so essa rappresenta la totalità di un patrimonio, nel secondo ne rappre-

68

comba

,

Metamorfosi di un paesaggio rurale

cit., p. 108. Centralità della vigna e dell’arativo

nella struttura agraria torinese di inizio Quattrocento:

benedetto

,

Viticoltori di città

cit., p. 149.

69

Ibid

., p. 151, con riferimento a

pascale

,

Fisionomia territoriale

cit., p. 217.

70

benedetto

,

Viticoltori di città

cit., p. 149.