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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
num vadi» il cui
edifficium
nel 1369 era posseduto in società dai fratel-
li Giacomino e Martino Aburati e da Bertolino Malamena
83
.
L’impressione di un andamento favorevole della produzione laniera
torinese trova conferme nelle cifre degli appalti annui delle gualchiere.
Se per la fine del
xiii
secolo gli introiti della loro gestione diretta furo-
no piuttosto modesti a causa delle rilevanti spese di rifacimento, manu-
tenzione e gestione degli impianti, nel ventennio fra il gennaio 1314 e
il gennaio 1334, per il quale si dispone di dati sistematici, la produzio-
ne di panni fu in costante crescita: l’ammontare complessivo degli ap-
palti annuali passò infatti dalle 110 lire di denari astigiani nel 1314-18,
a 140 lire di denari deboli di Vienne nel 1319-23, a 160 lire della me-
desima moneta negli anni successivi. Dal 1336 ridiscese per un decen-
nio a 110 lire di deboli di Vienne, ma, il 1° aprile 1345 ebbe un’im-
provvisa impennata a 100 fiorini annui. La peste nera provocò poi una
sensibile riduzione degli introiti, che scesero a 80 fiorini annui fra il set-
tembre 1350 e il settembre 1353 e oscillarono fra gli 83 e i 70 fiorini nel
lustro successivo. La gestione in economia delle gualchiere dal 25 no-
vembre 1362 al 5 settembre 1363, che costituiva comunque un sintomo
della difficoltà di trovare appaltatori, tuttavia fruttò ancora 104 lire, 6
soldi e 4 denari di Vienne, pari a quasi 70 fiorini
84
.
La prosperità crescente di alcuni imprenditori conferma che alla metà
del secolo la produzione dei panni torinesi poteva ancora offrire buoni
profitti. Nel 1349 il lanaiolo Nicoletto Calcagno dichiarava a catasto tre
case, 101 giornate di terra e un capitale di 80 lire, costituito essenzial-
mente da panni e lana, ma nel 1363 il suo patrimonio era considerevol-
mente aumentato: quattro case, una bottega nel quartiere di Porta Do-
ranea, parrocchia di San Benigno, 291 giornate e 200 lire di capitale in
panni
turinexi
, lana e altre merci concernenti l’
officium lanaterie
. Un in-
cremento analogo è accertabile per i fratelli Enrichetto, Bartolomeo e
Michele, figli ed eredi di Giovanni Cornaglia: due case e 6 giornate e
mezza di terreni, oltre a un capitale mobile dichiarato di 30 lire, nel
1350, quando i tre erano ancora minorenni, e cinque case, 21 giornate
e 80 lire di capitale in crediti, guado e panni di produzione locale per i
soli Enrichetto e Bartolomeo nel 1363. Anche Martino Aburati, che nel
83
CCT, rot. 3a (1307-308),
banna
; rot. 4d (1316-17),
denarii
; rot. 8 (1325-26),
expense
; rot.
21 (1346-47); cfr. BSSS, 138/
i
, p. 55, cap. 95. ASCT, Pust. 1363, ff. 19
v
, 40
v
; Pust. 1369, f. 17
r
.
Cfr.
bonardi
,
Canali e macchine
cit., p. 111;
bracco (
a cura di),
Acque, ruote e mulini
cit., II, p.
271-73 (scheda di S. Benedetto).
84
Appalti delle gualchiere:
ibid.
, p. 269 (scheda di S. Benedetto) con il commento di
comba
,
Il principe, la città, i mulini
cit., p. 99. Per il cambio:
l. cibrario
,
Della economia politica del Me-
dioevo
, III, Torino 1842
2
, p. 260.