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secolo, appaltatori dotati di mezzi più consistenti, come frate Facio, aba-

te di San Solutore Minore, il nobile Giacomo Pesce dei signori di Tro-

farello, un probabile carpentiere, Perotto Tintore, e un notaio, Tom-

maso de Pertusio, membro del consiglio di credenza, che nel 1349 ave-

va una casa con tetto, aia e orto, 21 giornate di terreno – salite a 29 nel

1363 – e un capitale di 50 lire investito in una bottega

88

.

Il tipo di organizzazione della produzione che abbiamo descritto era

quanto mai consono alle più volte sottolineate forti connotazioni rurali

della città, che, proprio grazie alla larga disponibilità di manodopera del-

la piccola proprietà contadina, si rivelava adatta allo sviluppo di una ma-

nifattura tessile basata, come nel modello protoindustriale di F. Men-

dels, sulla distribuzione del lavoro a domicilio fra i lavoranti. Eppure,

nonostante queste premesse, la produzione di panni torinesi subì, nell’ul-

timo terzo del

xiv

secolo, un declino costante chiaramente espresso in

termini quantitativi dall’ammontare degli appalti delle gualchiere e dai

dati relativi agli introiti dei principi d’Acaia sulla

malatolta

del sale, del

ferro e dei

panni taurinenses

esportati dalla città: segno evidente che a

sollecitare il declino era l’ulteriore calo della domanda provocato dall’ag-

gravarsi della crisi demografica e una congiuntura che, localmente, era

anche più sfavorevole, connotata com’era dalle frequenti distruzioni de-

gli impianti, dalla guerra, dalla concorrenza vivace dei drappieri della

vicina Moncalieri

89

.

Va infatti sottolineato innanzitutto che, nel ventennio fra il 1358-

1359 e il 1379-80, l’ammontare annuo degli appalti delle gualchiere di

Torino diminuì di oltre il 55 per cento portandosi da 70-83 fiorini d’oro

a 36 fiorini di piccolo peso. Dovette essere stato col proposito di rea-

gire a tale situazione che nel novembre 1376 il consiglio di credenza

cercò di garantire la qualità dei

panni taurinenses

affidando a due mer-

canti, Ludovico di Cavaglià ed Enrietto Cornaglia, il controllo della

qualità delle pezze e stabilendo che esse fossero contrassegnate da un

marchio rappresentante un toro, simbolo del comune. L’impatto sul

L’economia

143

88

Piccoli imprenditori: ASCT, Pust. 1349, f. 32

r

(E. Turinetto); Dor. 1349, ff. 46

v

, 97

v

(Ustulino Lanaterio e A. Gattino); Marm. 1349, f. 23

r

(G. Terraboto); Dor. 1363, f. 12

v

(B. For-

nerio); Nuova 1363, f. 58

r

(Giovannino Viroto lanerio,

habitator

di Torino, che possedeva solo

casa). Casi analoghi non menzionati nel testo: Pust. 1363, f. 20

r

(Cecchino «de Perocha» da Mon-

calieri). Appaltatori delle gualchiere:

bracco (

a cura di),

Acque, ruote e mulini

cit., II, pp. 270-

71; ASCT, Pust. 1349, ff. 27

r

, 33

v

, 45

r

(Nicolino figlio del fu G. Rivara, G. Baglioto e Tomai-

no de la Volta); Dor. 1349, ff. 56

v

, 95

v

(G. Castiglione e Perotto Tintore); Marm. 1349, f. 96

r

(G. Pesce); Marm. 1363, f. 86

r

(G. Troglieti). Tommaso de Pertusio: ASCT, Pust. 1349, f. 15

r

;

Pust. 1363, f. 20

r

; Pust. 1369, f. 17

r

. Sul Baglioto e sul Tintore cfr.

barbero

,

Un’oligarchia ur-

bana

cit., pp. 95, 206.

89

Per Moncalieri cfr. oltre, nota 93.