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1363 dichiarava a catasto un quarto soltanto della

tinturia

già citata nel-

la parrocchia di San Giacomo e, in

mobile

, un valore di 60 lire in mo-

neta di Vienne «tam in lana filata et non filata, quam in pannis et aliis

necessariis et pertinentibus ad officium lanaterie», sei anni dopo, sia pu-

re in comproprietà col fratello, oltre a conservare il suo quarto di «tin-

toria», risultava avere una casa nel quartiere di Porta Pusterla, parroc-

chia di San Giacomo, 1 giornata e mezza di vigna, un «sedimem cruyci

et meysini» di 75 tavole, metà del mulino da guado fra i due ponti sul-

la Dora, 50 lire di capitale in lana e panni

85

.

A tre lustri dalla peste, nonostante oscillazioni e difficoltà probabil-

mente dovute alla contrazione della domanda derivante dal crollo de-

mografico, la produzione dei

panni taurinenses

non godeva evidentemente

né di cattiva salute, né di cattiva fama. A giudicare dalla loro menzione

nelle tariffe coeve della gabella di Pinerolo e dei pedaggi di Asti e Ca-

sale Monferrato, i drappi

albaxii

prodotti in città avevano una circola-

zione essenzialmente regionale e un prezzo economicamente accessibi-

le: 20 lire di astesi a pezza contro le 90 lire dei panni di Bruxelles e le

100 lire di quelli di Malines e di Milano

86

. Due capitoli degli statuti to-

rinesi del 1360 si sforzavano inoltre di garantire ad essi uno standard

minimo di qualità. Il primo, più breve, stabiliva che i tintori e i

sartores

pannorum

fossero tenuti a denunciare alla giustizia chiunque avessero

scoperto a fare «pannos fraudulentos» utilizzando peli di bue, di capra

o di asino, stoppa o

cozonum

, e che gli eventuali acquirenti di tali pan-

ni avessero il diritto a essere rimborsati del doppio. La multa per chi

contravveniva a tali disposizioni non era alta (20 soldi) e doveva essere

pagata anche dai tintori e dai sarti che non avessero sporto regolare de-

nuncia, ma chi aveva commesso la frode vedeva danneggiata la propria

immagine e perdeva il frutto delle proprie fatiche, perché i panni «frau-

dolenti» dovevano essere bruciati pubblicamente sulla piazza del mer-

cato. Il secondo capitolo, assai più dettagliato, stabiliva le modalità di

fabbricazione dei panni, il cui ordito avrebbe dovuto essere di almeno

L’economia

141

85

Nicoletto Calcagno: ASCT, Pust. 1349, f. 28

r

; Pust. 1363, f. 31

r

.; per la sua attività di la-

naiolo cfr. sopra, nota 82, e oltre, p. 153, testo corrispondente alla nota 113. Enrichetto Corna-

glia e fratelli: ASCT, Pust. 1349, f. 14

r

; Pust. 1363, f. 9

r

. Martino Aburati e fratello: Pust. 1363,

f. 19

v

; Pust. 1369, f. 17

r

.

86

p. cancian

,

g. sergi

e

a. a. settia

(a cura di),

Gli statuti di Casale Monferrato nel

xiv

secolo

,

Alessandria 1978, p. 206;

a. m. nada patrone

,

Per una storia del traffico commerciale in area pede-

montana nel Trecento: fibre tessili, materiale tintorio e tessuti ai pedaggi di Vercelli e di Asti

, in

Studi

in memoria di Mario Abrate

, II, Torino 1986, pp. 667-88;

a. caffaro

,

Pineroliensia, ossia vita pine-

rolese specialmente negli ultimi due secoli del Medioevo

, Pinerolo 1906, p. 132;

r. comba

,

Produzio-

ni tessili nel Piemonte tardomedievale

, in «BSBS»,

lxxxii

(1984), pp. 321-62; BSSS, 138/

i

, p. 34,

cap. 36; pp. 142 sgg., cap. 323.