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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

mia rurale e della proprietà fondiaria torinese potessero convivere e fa-

vorire certi sviluppi della produzione artigianale e della manifattura tes-

sile di cui si tratterà fra breve

76

.

Restano da chiarire le forme di sfruttamento agrario messe in atto

da questi contadini-artigiani o artigiani-contadini – ma talora si tratta

di piccoli commercianti-contadini –, non necessariamente legati a quel

settore tessile che per gran parte del Trecento ebbe in città buona for-

tuna. Con un piede in bottega e uno nel campo o nella vigna essi colti-

vavano in economia qualche appezzamento di terra, magari gravato da

un fitto a lunga scadenza o da un censo perpetuo, mostrandosi deside-

rosi di produrre una parte almeno del pane e del vino consumato dalla

propria famiglia. Nelle proprietà o nei possessi inferiori o uguali a una

giornata, la vigna, talora associata a un brandello di bosco, di arativo o

di alteno era assolutamente prevalente e costituiva la coltura predomi-

nante anche in quelle che raggiungevano le 2 giornate. Coloro che di-

chiaravano patrimoni appena un po’ più ampi, pur continuando gene-

ralmente a coltivare qualche

pecia

di vigna o di alteno davano maggior

spazio alla

terra aratoria

o al prato (cfr. tabb. 6 e 7).Una sola giornata

di vigna, gravata da un fitto perpetuo, era per esempio denunciata a ca-

tasto da un merciaio, Giovannone da Piossasco, «habitator Taurini»,

che, con la moglie Brunetta, dichiarava pure di aver investito 10 lire in

moneta di Vienne come capitale «in modica merçaria». Un altro mer-

ciaio, «habitans Taurini», Antonio Tondo da Alpignano, pure lui con

10 lire investite «in modica merçaria», era invece proprietario di poco

più di 2 giornate di arativo. Calzolaio e agricoltore era invece, sempre

nel 1363, Pietro Gastaldi con 2 giornate e mezza di vigna e bosco in

affitto

77

.

La coltivazione, essenzialmente a vite e a cereali, dei minuscoli ap-

pezzamenti a cui si è accennato, non escludeva naturalmente per gli ar-

tigiani-contadini, come certo avveniva per i braccianti e i lavoranti, il

ricorso ad acquisti integrativi di derrate alimentari sul mercato cittadi-

76

Sui tre centri manifatturieri e soprattutto per Racconigi:

comba

,

Contadini, signori e mercan-

ti

cit., pp. 125 sgg., 151 sgg. Per Pinerolo:

id

.,

Industria rurale e strutture agrarie

cit., pp. 187 sgg. Per

una bella analisi sull’integrazione fra attività agricole e manifatturiere in un borgo lombardo:

p. gril-

lo

,

Le strutture di un borgo medievale. Torno, centro manifatturiero nella Lombardia viscontea

, Firen-

ze 1995. Artigiani torinesi senza terra: ASCT, Nuova 1380, f. 13

r

(Iohanninus Francoys); Marm.

1391, f. 54

r-v

(Giovanni e Antonio di Antiochia, fratelli, da Caselle); Marm. 1391, f. 98

r

(Giovan-

nino da Trino); Dor. 1393,

extravagantes

= ASCT, cat. V, col. 1133 (Pietro «Iolietus» con la mo-

glie). Si tratta in tutti i casi di tessitori, per lo più qualificati come

habitatores

di Torino.

77

In generale, per la metà del

xiv

secolo:

pascale

,

Fisionomia territoriale

cit., pp. 234-35. Gio-

vannone da Piossasco: ASCT, Dor. 1363, f. 18

v

. Antonio Tondo: Dor. 1363, f. 43

r

. Pietro Gastal-

di: Dor. 1363, f. 44

v

. Per altri esempi cfr. oltre, note 85, 88, 100, 108, 111 e testi corrispondenti.