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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

27 portate di 40 fili ciascuna, com’era nella consuetudine. Essi avreb-

bero dovuto essere confezionati «de bona et sufficienti lana», inten-

dendo con questa dizione la lana di pecora, agnello o montone o anche

la

garzatura

di panni già fabbricati. L’organizzazione del lavoro descrit-

ta con chiarezza dal capitolo era quella classica del

Verlagssystem

: la per-

sona che faceva fabbricare i panni, generalmente un mercante o un la-

naiolo, anticipava la materia prima, la faceva cardare, filare e tessere in

città o nel distretto distribuendola a domicilio alle filatrici e ai lavoran-

ti dei vari livelli di lavorazione che, quasi sicuramente, venivano paga-

ti a opera. Non a caso il capitolo prescriveva che i controlli sulla produ-

zione, a frequenza mensile, fossero effettuati da due «mercatores boni

et legales» scelti dal giudice cittadino su suggerimento dei colleghi più

stimati che si dedicavano alla fabbricazione dei panni

87

.

L’accenno ai mercanti non deve far pensare che la produzione laniera

torinese fosse interamente dominata dai grandi uomini d’affari. Accan-

to ad essi, accanto a Nicoletto Calcagno e ai Cornaglia che certo di-

chiaravano all’estimo cifre assai inferiori al valore reale dei loro capita-

li mobili, pullulava un mondo di medio-piccoli e piccolissimi imprendi-

tori dagli interessi diversificati che ora commerciavano in lana e la

facevano filare e tessere, ora, da soli o in società con altri, prendevano

in appalto le gualchiere; spesso essi integravano i proventi di queste lo-

ro attività con gli introiti derivanti dalla coltivazione di qualche appez-

zamento di terra. Nel 1349 Everardo Turinetto denunciava all’estimo

soltanto 5 lire «in lana et mercandia» e 10 lire in lana, stame, trama «et

in aliis deratis de suo officio lanaterie» dichiarava Giovanni Terraboto,

proprietario di una casa e di poco più di 2 giornate di vigna, mentre i la-

naioli Antonio Gattino e Ustulino Lanaterio dichiaravano di possedere

soltanto la casa e qualche giornata di terreno. In modo non dissimile nel

1363 Bertino Fornerio denunciava una casa e un

mobile

di 10 lire con-

sistente in lana, stame e altre merci della sua

lanateria

. Anche fra gli ap-

paltatori delle gualchiere, in qualche caso altrettanto interessati allo

sfruttamento delle segherie, erano numerosi i piccoli proprietari, come

frate Giovanni Rivara, Giovanni Troglieti, Tomaino de La Volta, Gia-

cometto Castiglione, Giovanni Bogliato, che ora dichiaravano di posse-

dere soltanto la propria casa, ora risultavano proprietari di qualche gior-

nata di terra. Non mancavano tuttavia, nel trentennio centrale del

xiv

87

Ibid

., p. 112, cap. 258; pp. 142 sgg., cap. 324. Per un confronto con lo sviluppo della pro-

duzione laniera in realtà sociali non dissimili del Piemonte tardomedievale cfr. sopra, nota 76. Per

l’incidenza della guerra e delle distruzioni degli impianti sulla produzione:

bonardi

,

Canali e mac-

chine

cit.;

g. alliaud

e

a. dal verme

,

Le spese di gestione e manutenzione dei mulini di Torino nei

secoli

xiv

-

xvi

, in

bracco (

a cura di),

Acque, ruote e mulini

cit., I, pp. 129-76.