

142
Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
27 portate di 40 fili ciascuna, com’era nella consuetudine. Essi avreb-
bero dovuto essere confezionati «de bona et sufficienti lana», inten-
dendo con questa dizione la lana di pecora, agnello o montone o anche
la
garzatura
di panni già fabbricati. L’organizzazione del lavoro descrit-
ta con chiarezza dal capitolo era quella classica del
Verlagssystem
: la per-
sona che faceva fabbricare i panni, generalmente un mercante o un la-
naiolo, anticipava la materia prima, la faceva cardare, filare e tessere in
città o nel distretto distribuendola a domicilio alle filatrici e ai lavoran-
ti dei vari livelli di lavorazione che, quasi sicuramente, venivano paga-
ti a opera. Non a caso il capitolo prescriveva che i controlli sulla produ-
zione, a frequenza mensile, fossero effettuati da due «mercatores boni
et legales» scelti dal giudice cittadino su suggerimento dei colleghi più
stimati che si dedicavano alla fabbricazione dei panni
87
.
L’accenno ai mercanti non deve far pensare che la produzione laniera
torinese fosse interamente dominata dai grandi uomini d’affari. Accan-
to ad essi, accanto a Nicoletto Calcagno e ai Cornaglia che certo di-
chiaravano all’estimo cifre assai inferiori al valore reale dei loro capita-
li mobili, pullulava un mondo di medio-piccoli e piccolissimi imprendi-
tori dagli interessi diversificati che ora commerciavano in lana e la
facevano filare e tessere, ora, da soli o in società con altri, prendevano
in appalto le gualchiere; spesso essi integravano i proventi di queste lo-
ro attività con gli introiti derivanti dalla coltivazione di qualche appez-
zamento di terra. Nel 1349 Everardo Turinetto denunciava all’estimo
soltanto 5 lire «in lana et mercandia» e 10 lire in lana, stame, trama «et
in aliis deratis de suo officio lanaterie» dichiarava Giovanni Terraboto,
proprietario di una casa e di poco più di 2 giornate di vigna, mentre i la-
naioli Antonio Gattino e Ustulino Lanaterio dichiaravano di possedere
soltanto la casa e qualche giornata di terreno. In modo non dissimile nel
1363 Bertino Fornerio denunciava una casa e un
mobile
di 10 lire con-
sistente in lana, stame e altre merci della sua
lanateria
. Anche fra gli ap-
paltatori delle gualchiere, in qualche caso altrettanto interessati allo
sfruttamento delle segherie, erano numerosi i piccoli proprietari, come
frate Giovanni Rivara, Giovanni Troglieti, Tomaino de La Volta, Gia-
cometto Castiglione, Giovanni Bogliato, che ora dichiaravano di posse-
dere soltanto la propria casa, ora risultavano proprietari di qualche gior-
nata di terra. Non mancavano tuttavia, nel trentennio centrale del
xiv
87
Ibid
., p. 112, cap. 258; pp. 142 sgg., cap. 324. Per un confronto con lo sviluppo della pro-
duzione laniera in realtà sociali non dissimili del Piemonte tardomedievale cfr. sopra, nota 76. Per
l’incidenza della guerra e delle distruzioni degli impianti sulla produzione:
bonardi
,
Canali e mac-
chine
cit.;
g. alliaud
e
a. dal verme
,
Le spese di gestione e manutenzione dei mulini di Torino nei
secoli
xiv
-
xvi
, in
bracco (
a cura di),
Acque, ruote e mulini
cit., I, pp. 129-76.