

Gli elenchi delle multe puntualmente ricopiati in ogni conto rivela-
no innanzitutto la presenza di un certo numero di
lanerii
o
lanaterii
; per
quanto tali termini vi siano talora usati in forma cognominale, i conte-
sti lasciano pochi dubbi sull’attività economica svolta dalle persone che
così venivano chiamate. Si trattava infatti per lo più di lanaioli, come
suggerisce il fatto che alcuni di essi furono multati per aver seminato del
guado, nonostante ciò fosse vietato da una precisa disposizione statuta-
ria. Così Giacomo de Soro e un certo Pianta, ambedue
lanerii
, pagaro-
no nel 1308 una multa di 40 soldi proprio per questa infrazione e lo stes-
so fecero, pur sborsando qualcosa in meno, Beltramino Lanerii, e certi
Bussono e Vieto Troglieti. Accusato di aver preso in affitto del terreno
«ad seminandum vadum» anche Manfredo Mantelli pagò in quegli an-
ni 40 soldi di multa. Altri cinque lanaioli pagarono un banno di 3 soldi
ciascuno, nel 1344-45, per non essersi presentati a giurare di esercitare
a dovere l’
officium lanaterie
; dieci anni dopo la stessa fonte menziona
casualmente Aimonetta, moglie del
lanerius
Giovanni Miola
82
.
Fase fortemente inquinante della lavorazione dei drappi era quella
della tintura. Nel 1308 tre tintori, Tommaso Biamondo, Giacomo Tro-
glieti e Giovanni Bergeli, conciliarono una multa di ben 6 lire e 13 sol-
di per aver tenuto le loro
cauderias tintorie
in città contrariamente a quan-
to disposto da una norma degli statuti. Nel 1363 Matteo Aburato, gli
eredi di Michele Tinturerio e di Turino Everardo denunciarono tutta-
via all’estimo la proprietà di una
tinturia
situata nel quartiere di Porta
Pusterla, parrocchia di San Giacomo, ma a quell’epoca gli statuti si li-
mitavano a vietare di spargere «tincturas in viis publicis». Probabil-
mente la stessa tintoria, con due
calderie
e otto
tine
, era sei anni dopo
di proprietà di Martino Aburati, di suo fratello Giacomino e di Aimo-
netto Tinturerio. La macinazione del guado e la tintura dei panni era-
no perciò relegate fuori dell’abitato, dove si trovava un «molandinum
tintorie sive vadi», sito sulla Dora presso l’ospedale di San Biagio e da-
to in appalto, almeno a partire dal 1323, ad Antonio di Cavaglià e soci,
che pagavano annualmente un modesto canone fisso in buona moneta
di Vienne al principe d’Acaia. Tale mulino, documentato a partire dal
1315, risultava ormai distrutto da più di quattro anni nel 1346-47. Era
forse ubicato nella stessa zona, fra i due ponti sulla Dora, il «molendi-
L’economia
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82
CCT, rot. 3a (1307-8),
banna
; rot. 3c (1309-10),
banna
. Sul Pianta
lanerius
: CCT, rot. 3e
(1311-12),
banna
[multa per ricettazione]. Su Bertramino, chiamato indifferentemente dalle fonti
lanerius
,
lanerii
,
lanaterius
, cfr. inoltre: CCT, rot. 3a (1307-08),
banna
; rot. 3g (1312-13),
banna
.
Lanaioli multati per non aver giurato: CCT, rot. 19 (1344-45),
banna
(Pietro de Pertusio, Anto-
nio Gattino, Giovanni Tiralboto o Terraboto, Ustulino Lanaterio, Nicoletto Calcagno). Giovan-
ni Miola: CCT, rot. 28 (1354-55),
banna
.