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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
terreno. Antonio de Nicoloso, figlio di uno speziale che nel 1363 già di-
chiarava all’estimo 53 giornate di terreno, nel 1391 ne possedeva 58, ol-
tre a due case e due sedimi con sette banchi di beccheria
108
.
È probabile che molti speziali la cui proprietà fondiaria si limitava
a una casa o a poche giornate, fossero assi più ricchi di quanto non ap-
paia dagli estimi, dove dichiaravano per lo più un capitale mobile di ap-
pena 100 lire e talora di sole 32 lire, come fece Stefano Muratore. Es-
si in realtà dovevano possedere nelle proprie botteghe un valore di mol-
to superiore, come sembra dimostrare il caso di Antonio Voirone, che,
oltre alla propria casa presso San Gregorio, a un sedime e a diritti sui
pedaggi di Torino, dichiarava all’estimo del 1391 appena una giornata
e mezza di vigna: quattro anni prima egli si era infatti «assicurato la
gabella del vino e della beccheria anticipando la bella somma di 1500
fiorini, sia pure sborsati in parte da una cordata di soci»
109
. Ciò non to-
glie che quella degli
speciarii
sia stata senza dubbio una delle categorie
più colpite dalla crisi economica e demografica che si abbatté su Tori-
no fra Tre e Quattrocento. Dalle note di aggiornamento apposte ad al-
cune dichiarazioni catastali si sa per esempio che fra il 1393 e il 1404
lo speziale Stefano Muratore abbandonò Torino ed andò ad abitare a
Sitten (
Sedunum
), in Svizzera, mentre Bartolomeo Iappa e Pietro Sas-
se morirono e i loro beni andarono dispersi. Con l’inizio del nuovo se-
colo si perdono poi le tracce di Filippo Aliberti e non si ha più notizia
delle due spezierie di Antonio Voirone. Si sa infine che nel 1415 i fra-
telli Giovanni e Nicoloso de Nicoloso, figli ed eredi di Antonio, di-
chiaravano un patrimonio di appena 8 giornate e mezza e non teneva-
no più bottega pur possedendo una casa «cum rezolio» nella centrale
parrocchia di San Benigno
110
. La crisi di tante botteghe si affiancò tut-
tavia, come talora succede, a qualche successo folgorante, che eviden-
zia come l’intraprendenza di alcuni uomini nuovi potesse costituire un
antidoto efficace alle difficoltà economiche di quegli anni. Fu questo
appunto il caso di Antonio Voirone, che rilevò la bottega di Bartolo-
meo Iappa, divenne membro del consiglio di credenza, fu rettore del-
la Società Popolare e lasciò alle due figlie, Guietta e Perina, tre case,
41 giornate di terra e certi diritti sul pedaggio di Torino registrati al
catasto del 1404.
108
ASCT, Dor. 1363, f. 1
r
; Dor. 1380, f. 8
v
; Dor. 1391, f. 1
r
(Iappa); Marm. 1380, f. 4
r
;
Marm. 1391, f. 4
r
(Mart. Borgesio); Pust. 1363, f. 1
r
; Pust. 1391, f. 1
r
(Nicoloso); Dor. 1380,
f. 77
r
; Marm. 1391, 5
r
(Voirone); Dor. 1391, ff. 9
v
, 11
r
, 65
v
(Muratore, Sasse, Aliberti).
109
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit., pp. 160-61, anche per una valutazione critica delle ci-
fre d’estimo dei beni mobili proposte dagli speziali.
110
ASCT, Coll. V, n. 1133, Dor.; Pust. 1415, f. 4
v
(fratelli de Nicoloso).