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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
I riferimenti successivi delle fonti torinesi alla produzione locale di
fustagni non sono molti ed è ragionevole ritenere che essa sia soprav-
vissuta senza raggiungere un particolare sviluppo, ma è certo che, fra
Tre e Quattrocento, unita alla crescita collaterale delle altre produzio-
ni in cui si articolò la diversificazione produttiva torinese, essa contri-
buì all’uscita della città dalle strettoie terribili di una crisi economica
che in quegli anni fece sentire più che mai i suoi rigori.
Fl us s i d i me r c i , d i uomi n i , d i dena ro .
Il 23 febbraio 1413 Michele Borgesio, di antica e nobile famiglia to-
rinese, il cui padre Martino era emigrato ad Avigliana, e Oberto Calca-
gno di Piossasco,
habitator
di Torino, che già da qualche anno conduce-
va come fattore una bottega per conto di Michele, costituirono una so-
cietà per aprire una spezieria in una casa di proprietà di quest’ultimo
situata probabilmente nella centralissima parrocchia di San Gregorio.
Ognuno dei due soci investì un capitale di 1000 fiorini del valore di 12
grossi di Savoia caduno, ma si convenne che a gestire la spezieria sa-
rebbe stato Oberto con l’aiuto di due garzoni, uno dei quali soltanto sa-
lariato. La società avrebbe avuto durata triennale e Oberto avrebbe ri-
cevuto annualmente 80 fiorini per il suo lavoro e per quello dei garzo-
ni, ivi compresa la loro alimentazione, mentre Michele ne avrebbe avuti
ogni anno 20 per l’affitto della casa e della bottega in cui si sarebbe te-
nuta la spezieria. Alla fine del triennio il capitale e i frutti sarebbero sta-
ti divisi a metà, con la condizione che il Borgesio avrebbe avuto quan-
to gli spettava per un terzo in contanti, per un altro terzo «in bonis mer-
canciis» e per il terzo restante in crediti esigibili.
La mancata conservazione dei cartulari notarili torinesi del basso me-
dioevo rende questo atto particolarmente interessante: esso costituisce
infatti uno dei pochi punti di osservazione, per così dire dall’interno,
della realtà commerciale cittadina, di cui normalmente, per il periodo
qui esaminato, si hanno soltanto informazioni indirette fornite casual-
mente dai resoconti dei clavari sabaudi, dagli estimi o dai verbali del
consiglio di credenza. Dai conti della clavaria emergono infatti sia i no-
mi degli speziali e dei titolari di botteghe di panni che rifornivano nor-
malmente l’amministrazione sabauda, sia indicazioni preziose sulle mer-
ci vendute, che concorrono a delineare quelli che dovevano essere i trat-
ti essenziali di una spezieria torinese: un negozio dove non si
acquistavano soltanto le spezie propriamente dette come chiodi di ga-
rofano, cannella, zucchero, zafferano, ma si trovavano anche medicine,
sementi, generi alimentari più o meno rari, come la semola, i limoni, le