

158
L’economia
voia Acaia, che intendeva «affrontare lucidamente il problema del pre-
stito al consumo»
116
. Rimase diffuso per tutto il periodo qui considera-
to, praticato com’era non soltanto da «professionisti, bensì da tutti i
cittadini più agiati, nobili e popolari, senza distinzione»
117
, anche se
l’esigua documentazione sopravvissuta non consente di precisare l’im-
portanza dei capitali in movimento e il numero dei clienti. Due recen-
ti sondaggi sull’argomento hanno evidenziato larghi tratti di continuità,
nei secoli
xiii
e
xiv
, nelle famiglie torinesi che facevano investimenti
nel mercato del denaro, ma si trattava pur sempre di famiglie che si muo-
vevano prevalentemente nell’orizzonte del ristretto ambito cittadino
118
.
Forestieri erano invece alcuni personaggi e nuclei familiari che a To-
rino immigravano o si fermavano qualche anno per investirvi o farvi
fruttare denaro. Fu il caso dei «de Platea», astigiani, descritti come mer-
canti e casanieri, pur senza che risulti la presenza di un loro banco in
città; o di Leonardo Solaro, astigiano pure lui, a cui nel 1300 fu con-
cessa per metà, e per dieci anni, la casana cittadina appena istituita
119
.
Questa ritornò poi in mani locali: al
dominus
Giovanni Ainardi nel 1339-
1340, e a Corrado da Montaldo e Perotto di Revigliasco nel 1344-46
120
.
Crescita di un gruppo di finanzieri locali o minore interesse per To-
rino da parte degli operatori forestieri? È più verosimile la seconda ipo-
tesi, che sembra suffragata dalla vicenda dei Gattoni, una famiglia mi-
lanese originaria di Cantù, attiva in molte località piemontesi, presen-
te a Torino dal 1317 fino al 1339, anno in cui spostò i suoi interessi a
Pinerolo
121
. Il loro trasferimento nel grosso borgo dove avevano sede i
principi di Acaia è significativo: una volta trovatasi nel principato dei
Savoia-Acaia, Torino non aveva saputo o potuto conquistare una pro-
pria centralità politico-amministrativa, ma si era limitata a sfruttare il
transito garantito dalla propria collocazione stradale, e a cercare spazi
di compensazione in funzioni centrali di tipo economico, fabbricando
e smerciando quei
panni taurinenses
la cui produzione appariva in forte
crisi già alla fine del Trecento.
116
r. bordone,
Vita economica del Duecento
, in
g. sergi
(a cura di),
Storia di Torino
, I,
Dalla
preistoria al comune medievale
, Torino 1997, p. 781
117
barbero,
Un’oligarchia urbana
cit., p. 212.
118
bordone,
Vita economica
cit., pp. 769 sgg.;
barbero,
Un’oligarchia urbana
cit., pp. 211 sgg.
119
Sui «de Platea» cfr.
supra
la nota 8; su Solaro:
q. sella
(a cura di),
Codex Astensis qui de
Malabayla communiter nuncupatur
, IV, Roma 1880, doc. 1051.
120
CCT, rot. 15 e 22; cfr.
barbero,
Un’oligarchia urbana
cit., p. 214.
121
CCT, rot. da 5 a 16. L’attestazione più antica parla di Canturino e Lantelmino Gattoni e
fratelli da Cantù, le ultime di Antonio e Tomaino Gattoni «de Mediolano».