

stagni in tutta la pianura padana: milanesi, appunto, erano i due mae-
stri che, come si è visto, immigrando a Torino nel 1393 con i loro la-
voranti, si impegnavano a fabbricarvi fustagni e tessuti di lana. Anche
se probabilmente questi ultimi non esercitarono a lungo la loro attività
manifatturiera a Torino, la città si arricchì delle conoscenze tecniche
necessarie alla fabbricazione dei fustagni: il 15 giugno 1402 un Tori-
nese, il notaio Giuliano di Cavaglià, intendendo svilupparvi «artem fu-
staniorum», sollecitava dal consiglio di credenza la conferma del con-
sueto criterio di retribuzione in natura per la manodopera femminile,
evidentemente torinese, impegnata nella filatura del cotone e consi-
stente in 13 once per libbra. Nel gennaio successivo egli richiese, per
lavare i fustagni fabbricati dai suoi lavoranti, di poter usufruire dell’ac-
qua di una fonte situata presso il Po e si impegnò a far costruire l’im-
pianto necessario
105
.
Anche in questo settore produttivo doveva sentirsi, assai forte, la
concorrenza dei centri tessili vicini, soprattutto di Chieri, e, com’era av-
venuto per la lavorazione dei tessuti di lana, canapa e lino, tale concor-
renza, prima ancora che sui prodotti finiti, si esercitava sulla capacità
di accaparrarsi, retribuendola meglio, la manodopera necessaria. Sotto
questo aspetto, come si è visto per la lana, la differenza delle locali unità
di peso aveva grande importanza soprattutto nei lavori di filatura e di
tessitura, che venivano retribuiti secondo la quantità di materia prima
lavorata. Così, come nel 1395 i drappieri avevano chiesto di equipara-
re il peso di Torino a quello di Moncalieri, nel luglio 1403 Giuliano di
Cavaglià richiese ed ottenne di poter utilizzare, per la retribuzione del-
la filatura del cotone, lo stesso peso di cui si servivano i
magistri fusta-
nerii
di Chieri. Tre anni dopo un altro imprenditore, lo speziale Ono-
frio de Triesto, decise di investire nella lavorazione del cotone e, come
Giuliano di Cavaglià, richiese che gli fosse consentito di far uso o della
prima fontana presso il Po non lontana dalla chiesa di San Leonardo, o
di un’altra fontana, per potervi lavare i propri fustagni; il consiglio ac-
consentì affidando ai
sindici comunis
l’autorità di definire con lui i ter-
mini di un accordo scritto
106
.
L’economia
151
105
Sui fustagni milanesi:
l. frangioni
,
Sui modi di produzione e sul commercio dei fustagni mi-
lanesi alla fine del Trecento. Problemi economici e giuridici
, in «Nuova rivista storica»,
lxi
(1977),
pp. 493-554 e, più in generale,
l. fennell mazzaoui
,
The Italian Cotton Industry in the Later Midd-
le Ages: 110-1600
, Cambridge 1981, soprattutto pp. 136 sgg. Per le richieste del Cavaglià al con-
siglio di credenza: ASCT,
Ordinati
, 43, ff. 103
v
-104
r
(la retribuzione per le filatrici avrebbe do-
vuto essere di «uncias
xiii
.cim pro libra una sicut actenus fieri est consuetum»); 44, ff. 15
r
-16
r
.
106
Per le richieste di Giuliano Cavaglià e di Onofrio de Triesto al consiglio: ASCT,
Ordinati
,
44, ff. 81
v
-82
r
; 47, ff. 55
v
-56
v
.