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Se nel caso dello stupro la momentanea severità di cui danno prova

i redattori degli statuti è smentita dai successivi emendamenti, nonché

dalla prassi del tribunale torinese, un duraturo accentuarsi della seve-

rità si riscontra invece nei confronti dell’adulterio. Su questo argo-

mento, in effetti, gli statuti tacciono completamente; e fin verso la fi-

ne del Trecento nessuno risulta mai perseguito e condannato con que-

sta accusa. Si può pensare, naturalmente, che l’adulterio commesso con

una donna maritata fosse a volte perseguito come una forma di violen-

za carnale, giacché le conseguenze sull’onore della famiglia erano le me-

desime; ma purché nessun uomo fosse offeso nel suo onore, la giustizia

non s’interessava della vita sessuale della gente. Negli ultimi anni del

Trecento, per contro, compaiono le prime condanne per adulterio, e a

partire da quel momento le ritroviamo regolarmente nei conti, seppur

non con la stessa frequenza delle condanne per violenza carnale. Que-

ste ultime infatti, notiamolo per inciso, divennero molto più numerose

a partire da questa data, fino a raggiungere una media di una all’anno;

media tutt’altro che bassa, in una città dove viveva appena un migliaio

di donne adulte.

Il moltiplicarsi dei reati sessuali perseguiti dalle autorità, proprio nel

momento in cui la popolazione cittadina attraversava una fase di acuta

contrazione, ha indotto Rinaldo Comba a chiedersi se una diversa si-

tuazione demografica non abbia prodotto, di fatto, un’effettiva molti-

plicazione delle occasioni di reato; ma in ogni caso è certo che anche da

parte delle autorità si registra un mutato atteggiamento. Più che in pas-

sato, la giustizia ritiene ora di dover sorvegliare i comportamenti priva-

ti dei sudditi, e di dover intervenire per mettere fine a situazioni scan-

dalose. Non per nulla i primi adulteri perseguiti paiono legati all’onda-

ta di scandali che investì fra il 1384 e il 1386 il monastero femminile di

San Pietro, quando sono registrate la multa di 40 fiorini pagata da Ber-

tolotto Ruata per aver commesso adulterio con una monaca, e quella di

18 fiorini comminata al notaio Mainardo Pollastro per averne conosciuta

carnalmente un’altra; in questo secondo caso si trattò forse di un rap-

porto occasionale, ma nel primo la sanzione penale colpiva la scoperta

di una relazione durata vari anni, e da cui erano nati tre figli. Il decli-

no, lamentato in tutta la Cristianità, della morale del clero poté così con-

tribuire a suscitare una campagna di moralizzazione da parte delle au-

torità, se non un vero e proprio progetto di disciplina dei comportamenti

sessuali.

La maggior inclinazione delle autorità a sorvegliare e punire, anche

in questi ambiti in precedenza negletti, si scontrava tuttavia con l’osti-

nata resistenza di una multiforme società civile, la cui risposta all’ac-

Gruppi e rapporti sociali

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