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zioni contro il gioco non erano applicate con quella severità che si po-

trebbe immaginare. I giocatori erano bensì perseguiti in modo sistema-

tico, almeno a giudicare dalla frequenza delle multe, ma il loro importo

era spesso ridotto rispetto alla tariffa statutaria; il vicario, cui gli statu-

ti in quel caso specifico proibivano di ridurre le pene di sua iniziativa,

interveniva al contrario assai spesso a questo scopo, e anche il principe

e il suo consiglio rimettevano assai frequentemente, in tutto o in parte,

le pene comminate ai giocatori.

Più complesso si fa il discorso per quanto riguarda la repressione dei

reati sessuali. Gli statuti includono la violenza carnale fra gli «atrocia

malefitia», i cui responsabili possono essere imprigionati in attesa di giu-

dizio, senza che il giudice sia obbligato a rilasciarli dietro cauzione; ma

subito si precisa che la violenza così intesa è quella consumata ai danni

«mulierum honestarum et caste viventium» (

ccxxxii

). La rubrica spe-

cialmente dedicata allo stupro tuona altrettanto severamente contro un

delitto così temerario, contrario al pudore e alla castità, e impone di pu-

nirlo assai severamente, con 50 lire di multa, o punizione corporale ad

arbitrio del giudice, più un risarcimento alla vittima; ma anche in que-

sto caso s’intende tecnicamente per stupro la violenza consumata ai dan-

ni di ragazze vergini, donne sposate e perbene, o vedove. Se la vittima

è una prostituta, concludono sbrigativamente gli statuti, la pena sarà di

appena 3 lire, la stessa comminata, come si è visto, per un’infrazione

universalmente diffusa come il gioco d’azzardo (

ccxxxix

).

Questa normativa, peraltro, dev’essere apparsa ancora troppo se-

vera; e così l’articolo sullo stupro, se è forse l’unico che si apra con un

prologo moralistico in cui si stigmatizza severamente il reato in que-

stione, è altresì uno dei pochi a esser stati successivamente emendati,

e nel senso di una vistosa mitigazione delle pene. La multa di 50 lire

non è più la sanzione automatica in cui incorre il colpevole di stupro,

ma la sanzione massima che il giudice potrà comminare, considerata la

qualità delle persone, ciò che implica la possibilità, e anzi il visibile sug-

gerimento, di comminare normalmente pene inferiori; chi violenta una

prostituta, poi, pagherà soltanto 10 soldi, una delle sanzioni più legge-

re previste nell’intero ordinamento statutario. È chiara, in questi emen-

damenti, la volontà di consentire al giudice quell’ampio margine d’azio-

ne che come abbiamo visto era indispensabile per assicurare la sua au-

torità, e che la rubrica originaria, in un momentaneo soprassalto di

moralismo, aveva annullato; ma il messaggio che la norma, nella sua

nuova veste, trasmette è evidentemente che lo stupro è un’infrazione

trascurabile, a meno che non infranga vistosamente la barriera delle di-

suguaglianze sociali.

Gruppi e rapporti sociali

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