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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

Proprio i più ricchi fra i beccai, in effetti, sono quelli i cui nomi ri-

tornano costantemente nell’elenco dei macellai multati dalle autorità,

come nel caso del beccaio detto il Rana e dei suoi figli, i Ranotti, i cui

discendenti diverranno nobili e addirittura conti alla fine dell’Antico

Regime: non si contano le multe pagate «a dicto la Rana bequerio quia

duos mutones conflaverat pro melius vendendo», «a Rana becherio de

Taurino pro eo quia duxit sex trentenaria multonum apud Gassinum ab-

sque solucionem pedagii pontis Padi», «a dicto Rana becario quia in be-

caria tenebat pondus non signatum et non iustum et carnes suas ad dic-

tum pondus vendebat». Vietto Ranotti, figlio del Rana, era della stessa

stoffa, e ancora vivente il padre il suo nome comincia a comparire con

analoga frequenza sul registro delle multe, ora per aver gonfiato un mon-

tone prima di venderlo, ora per aver venduto carne appena macellata in

contrasto con i regolamenti, ora «quia pondit carnes ad pondus ad quod

ponderare non debebat», ora semplicemente «quia vendidit carnes ul-

tra ordinamentum»; né era da meno il fratello minore Giovanni, presto

multato a sua volta per non avere osservato gli orari del macello.

L’approvvigionamento alimentare della Torino trecentesca appare

insomma giocato in larga misura nel contrasto fra una legislazione estre-

mamente puntigliosa, e anzi addirittura soffocante nello sforzo d’impe-

dire a osti, pescivendoli e macellai di condurre le loro transazioni lon-

tano dall’occhio pubblico; e commercianti senza scrupoli, avvezzi a so-

stenersi a vicenda di fronte alle autorità, abbastanza ricchi per ridersi

delle multe e considerarle nient’altro che una spesa inevitabile all’in-

terno di una contabilità comunque largamente attiva. Che questa spe-

cie di gioco, in cui tutti quanti erano in malafede, si traducesse talvolta

in una conflittualità più violenta, è indubbio, sicché ad esempio non pa-

re che fossero buoni i rapporti fra i macellai e gli sbirri incaricati di far

rispettare i regolamenti: Vietto Ranotti pagò un’ammenda, fra l’altro,

per essersi ribellato all’autorità del vicevicario, presumibilmente in oc-

casione di un’ispezione in beccheria, e un’altra volta il figlio di un bec-

caio venne multato per aver teso di notte delle corde attraverso la bec-

cheria, «pro familia vicarii cadere facienda». Ma nel complesso è evi-

dente che lo sforzo di garantire ai cittadini un approvvigionamento di

carne, pesce e vino al riparo da frodi, nonostante il gran numero di am-

mende comminate, rimase largamente sulla carta.