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Le vicende di Torino fra il 1280 e il 1418 s’intrecciano indissolubil-

mente con quelle del principato d’Acaia, di cui la città, pur senza es-

serne la capitale, era uno dei centri più importanti, soprattutto in quan-

to ne rappresentava l’unica sede episcopale. Al governo di Filippo d’A-

caia, durato dal 1295 al 1334, seguì la reggenza della vedova Caterina

di Vienne, durata fino al 1357; crebbe allora nel ducato l’influenza del

cugino d’oltralpe, il conte di Savoia. I rapporti con quest’ultimo si de-

teriorarono rapidamente dopo che Giacomo d’Acaia ebbe raggiunto la

maggiore età, finché Amedeo VI non mosse guerra al cugino e s’impa-

dronì dei suoi possedimenti, nel 1360; in quell’occasione Torino, con-

fermata direttamente nelle mani del conte la propria fedeltà, ne rice-

vette quelle franchigie che, tradotte in forma di statuti, avrebbero poi

sempre costituito il fondamento giuridico dei rapporti fra la città e la

dinastia. Già nel 1362 il Conte Verde reintegrò nei suoi diritti Giaco-

mo d’Acaia, che tuttavia morì nel 1367, lasciando eredi i figli di secon-

do letto, ancora bambini; Amedeo VI intervenne nuovamente a soffo-

care la ribellione del figlio di primo letto, Filippo, e in qualità di tutore

governò poi di fatto il principato d’Acaia fino al 1378, quando l’erede

legittimo, Amedeo, raggiunse la maggiore età. Tanto Amedeo quanto il

fratello Ludovico, che gli successe nel 1402, morirono senza figli; sic-

ché alla morte di Ludovico, nel 1418, il principato tornò a ricongiun-

gersi al ducato sabaudo.

Queste vicende dinastiche costituiscono il quadro indispensabile in

cui analizzare la vita politica e amministrativa di Torino fra il 1280 e,

appunto, il 1418, data che non a caso è stata scelta come cardine per la

periodizzazione interna del presente volume. Non solo, infatti, gli even-

ti decisivi di questo periodo, come ad esempio la congiura degli Zucca

nel 1334 o, appunto, la redazione degli statuti nel 1360, appaiono lar-

gamente determinati dalla scansione cronologica or ora delineata; ma,

più in generale, la nomina e il comportamento degli ufficiali signorili in

città, e i loro rapporti con il notabilato urbano, vanno letti in modo par-