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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
se a suo tempo ottenuto l’ufficio di vicario
6
. Ancor più chiaro è il caso
di Filippo di Savoia signore di Collegno, che aveva già tenuto il vica-
riato dal 1375 al 1380, e che venne chiamato a succedere al Malabaila
con lettere di nomina del 2 gennaio 1398; lo stesso giorno prestò al prin-
cipe 1005 fiorini in scudi d’oro del re, che non gli erano ancora stati rim-
borsati quando lasciò l’ufficio, cinque anni dopo. In quell’occasione
infatti il nuovo principe Ludovico riconobbe di dovere al Collegno la
somma da lui prestata a suo tempo al fratello, somma che a causa della
rivalutazione dello scudo valeva ora 1240 fiorini, cui andavano aggiun-
ti 557 fiorini per resto del suo salario e delle spese da lui sostenute nel-
l’esercizio della carica; e gli assegnò la restituzione sul censo di 100 fio-
rini pagato ogni anno al principe dalla città di Torino
7
.
Appare insomma evidente che in più di un caso gli uffici erano attri-
buiti come immediata contropartita di un prestito concesso al principe,
e garanzia della sua restituzione. Sotto questo aspetto la situazione to-
rinese è lo specchio fedele di ciò che accadeva nell’insieme dei domini
sabaudi, dove proprio negli ultimi anni del Trecento il crescente biso-
gno di denaro sembra aver generalizzato l’abitudine di chiedere prestiti
a coloro che assumevano uffici. Nel 1391 il conte Amedeo VII richiese
un sussidio in denaro a diverse comunità, con lo scopo dichiarato di sal-
dare una volta per tutte gli innumerevoli debiti che gravavano sulla sua
amministrazione. La misura, affermava il conte, sarebbe stata certamente
bene accolta dai sudditi, dal momento che la spirale del debito si riper-
cuoteva immediatamente sull’onestà e l’efficienza degli ufficiali: tutti gli
uffici dell’amministrazione comitale, infatti, erano impegnati per dena-
ro a coloro che li detenevano. L’abitudine di concedere gli uffici ai cre-
ditori del principe, in garanzia del futuro rimborso, si era tramutata nel-
la sistematica richiesta di prestiti ai funzionari che entravano in servi-
zio; al punto che nessun ufficiale, ormai, poteva prendere possesso della
sua carica senza un previo esborso in denaro. Il risultato, osservava Ame-
deo, era purtroppo il moltiplicarsi delle malversazioni, giacché balivi,
giudici, castellani e insomma tutti gli ufficiali, avendo prestato denaro
al momento di ricevere l’ufficio, non pensavano ad altro che al modo di
far fruttare l’investimento, e non soltanto con mezzi leciti
8
.
6
ASCT,
Ordinati
, 27, f. 7
v
; cfr. la quietanza del Malabaila in ASCT, n. 4391. Per l’ammon-
tare originario del debito cfr.
l. cibrario
,
Storia di Torino
, I, Torino 1846, p. 426.
7
ASCT,
Ordinati
, 44, f. 52
r
. Sul rapporto fra il fiorino, inteso come moneta di conto del va-
lore costante di 12 grossi, e lo scudo cfr. le tabelle pubblicate da
d. promis
,
Monete dei Reali di Sa-
voia
, Torino 1841.
8
Le lettere indirizzate al comune di Aosta sono pubblicate in
m. a. letey-ventilatici
(a cu-
ra di),
Le Livre Rouge de la cité d’Aoste
, Torino 1956, pp. 12-17.