

Nel giudicare l’operato di un vicario, un giudice o un clavario, oc-
correrà dunque sempre tener presente che pur ricevendo uno stipendio
dal principe, costoro, di solito, avevano sborsato del denaro per otte-
nere l’ufficio, e il recupero della somma anticipata assorbiva senza dub-
bio la loro giornata quanto e più dell’interesse pubblico. Ma non basta;
giacché il maneggio di denaro, in forma privata questa volta anziché pub-
blica, regolava anche la nomina dei loro collaboratori, e in primo luogo
di quelli del vicario. Il cumulo degli uffici rendeva inevitabile che costui
si servisse di un luogotenente, o vicevicario, in grado di sostituirlo du-
rante le sue prolungate assenze; e non c’è dubbio che in qualche caso il
supplente si assumeva, assai più del titolare, il carico effettivo dell’uffi-
cio. Amedeo Malingri, favorito del principe d’Acaia, consigliere e «maî-
tre d’hôtel», vicario di Torino dal 1407 al 1419, era solito lasciare la ge-
stione quotidiana dell’ufficio nelle mani del suo luogotenente Giustino
Guasco, comparendo personalmente in città solo quando si rendeva ne-
cessario comunicare direttive importanti del principe, o organizzare la
difesa militare; e nel corso degli anni il Guasco divenne così indispen-
sabile da conservare la luogotenenza anche dopo l’annessione della città
al ducato e la nomina di un vicario savoiardo
9
.
La nomina del luogotenente era sempre il frutto di un accordo pu-
ramente privato col vicario, che sceglieva non di rado un figlio, un fra-
tello o comunque un parente: nel 1375, Filippo di Savoia signore di Col-
legno presenta come vicevicario il fratello Amedeo, e più tardi all’occa-
sione si fa sostituire dal figlio Antonio
10
. Ma altre volte non c’è dubbio
che l’incarico fosse affidato, per compensazione, a un creditore del ti-
tolare, o comunque a un uomo d’affari disposto ad avanzare denaro in
cambio dei molteplici profitti assicurati dall’ufficio. Sotto il regime del
Malingri e del suo luogotenente Guasco, il salario del vicario risulta pa-
gato direttamente al sostituto, sicché appare verosimile che quest’ulti-
mo avesse anticipato una somma al titolare al momento di assumere l’in-
carico, non diversamente da ciò che il vicario faceva di solito nei con-
fronti del principe.
Vicari, giudici e clavari operanti nella Torino trecentesca, in con-
clusione, riassumono in sé identità diverse, e in qualche misura con-
traddittorie, almeno ai nostri occhi: incaricati dal principe, cui hanno
giurato fedeltà, di governare e controllare una città la cui sottomissione
Torino sabauda
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9
Sul Malingri cfr.
f. saraceno
,
Regesto dei principi di Casa d’Acaia (1295-1418) tratto dai con-
ti di tesoreria
, in «Miscellanea di Storia Italiana»,
xx
(1882), pp. 238 (in nota), 333;
a. tallone
,
Parlamento sabaudo
, II, Bologna 1928-46, pp. 197 (in nota), 296. Sulla luogotenenza del Guasco,
in precedenza dal 1401 al 1405 clavario di Torino, cfr. CCT, rot. 55-73.
10
ASCT,
Ordinati
, 17, f. 202
v
;
tallone
,
Parlamento sabaudo
cit., II, pp. 188 sg.