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per non essere conservati entro il «Codice della Catena» – hanno fini-

to per essere trascurati nel lungo periodo. Dal secolo

xiv

al secolo

xix

la raccolta del 1360 è stata considerata l’espressione del diritto locale,

anche se si può facilmente comprendere che col passare del tempo nu-

merose disposizioni siano state superate dai tempi, o perché modifica-

te da altre o perché disapplicate o perché cadute in desuetudine. Ep-

pure la compilazione del 1360 conserverà nei secoli un significato sim-

bolico della testimonianza fisica dell’autonomia normativa comunale,

che però non si è certo fermata col 1360

123

. Quando, ad esempio, nel se-

colo

xv

il comune decide di riordinare la disciplina del proprio catasto,

fa redigere un testo organico da appositi esperti, lo fa approvare dalla

credenza e poi dai Savoia (attraverso il luogotenente ducale per il Pie-

monte) nel 1431, per introdurvi poi ancora modifiche nel 1492 con ana-

logo procedimento

124

, ma conserva tutto ciò a parte, fuori dal «Libro

della Catena».

Il periodo migliore per il

ius statuendi

comunale è finito: il comune

di Torino non aggiorna il suo

liber statutorum

. Le innovazioni normati-

ve provengono ormai per lo più da altre parti, in specie dal diritto du-

cale. Amedeo VIII, nell’emanare nel 1430 la prima ampia raccolta di di-

ritto sabaudo (i

Decreta seu statuta

) riconosce però ancora espressamen-

te la vigenza locale dei

capitula

cittadini, su cui non impone il diritto

ducale, purché essi siano «rispondenti a ragione»

125

: è termine che con-

sente un controllo signorile, permette di contestare norme troppo indi-

pendenti emanate in altri contesti politici, ma accetta il presente stato

di autonomia della legislazione cittadina, pur lasciando aperta la porta

ad ingerenze future. Esistono indizi di un certo controllo ducale anche

sugli statuti torinesi in questo periodo

126

; non si conosce di più, ma si

può presumere che il mutato e più restrittivo «clima» riguardo all’au-

tonomia legislativa locale possa avere dissuaso i Torinesi dal prendere

nuove iniziative, accontentandosi di conservare l’esistente, che il duca

accettava

127

.

Torino sabauda

255

123

Tale è stata la valutazione del «Codice della Catena» nel corso dei secoli (

bocchino

,

Le vi-

cende

cit., pp. 59-63). Ancora una ventina di anni fa, quando la Città di Torino ha iniziato una

fortunata e pregevole collana di «strenne» editoriali che continua con successo, ha incominciato

con la riproduzione proprio di questo codice (cfr. sopra, nota 63).

124

g. s. pene vidari

,

Capitoli e statuti del comune di Torino nel sec.

xv

per la registrazione a ca-

tasto dei beni soggetti a taglia

, in

a. cavallari murat

(a cura di),

Forma urbana e architettura nella

Torino barocca

, II, Torino 1968, pp. 363-73.

125

soffietti

e

montanari

,

Problemi

cit., pp. 15-16.

126

BSSS, 138/1, pp.

il-l

.

127

g. s. pene vidari

,

Osservazioni su diritto sabaudo e diritto comune

, in «Rivista di storia del

diritto italiano»,

lii

(1979), pp. 116-18.