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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
Il ruolo di Torino con il secolo
xv
aumenta, sia come sede di organi
ducali sia come punto di riferimento della politica subalpina dei Savoia:
può essere comprensibile che, se la città da una parte è favorita dalla
presenza signorile, dall’altra possa esserne maggiormente condizionata
e ridotta nella sua autonomia. Nel secolo
xv
gli statuti sembrano passa-
re un poco in secondo piano, di fronte alle franchigie o ai «capitoli» trat-
tati nelle riunioni parlamentari con i rappresentanti ducali. Una rifor-
ma statutaria delicata, come quella della successione femminile, fatta
nel 1489, non viene poi né inserita nel
liber statutorum
né fatta appro-
vare dal duca, causando in seguito numerose liti
128
.
La vivacità del diritto statutario, alla fine del secolo
xv
, è scompar-
sa: si applica – quando si applica – la raccolta esistente, senza portare
attenzione ad aggiornamenti. Il «nuovo» è rappresentato dal diritto du-
cale, che avanza, e si presenta con quelle caratteristiche che lo portano
progressivamente ad espandersi a danno delle altre fonti giuridiche, sia-
no esse del diritto statutario o dello stesso diritto comune
129
. Gli «Or-
dini nuovi» di Emanuele Filiberto del 1561, dopo la crisi della prima
metà del secolo
xvi
che ha messo in forse la stessa sopravvivenza della
dinastia, dicono chiaramente che prima si applica la disciplina sabauda
e poi, casomai, quella statutaria…
130
. Il «clima» è completamente cam-
biato: il diritto del principe viene prima di ogni altro: si va verso lo sta-
to assoluto (…o «moderno») e le autonomie comunali devono essere «ri-
dimensionate», in pratica, cioè, notevolmente ridotte.
Nonostante tutto ciò, gli statuti comunali restano formalmente in
vigore. A Torino, verso la fine del secolo
xvi
, si pensa di far riprodur-
re con la stampa il «Libro della Catena»: l’iniziativa non giunge a com-
pimento, perché prima di effettuare l’edizione si intende aggiornare il
testo, sicché – in attesa di far meglio – non si fa nulla
131
. Senza dubbio,
però, molti capitoli del
liber statutorum
erano stati superati dai tempi:
la «prudente» posizione torinese può essere variamente considerata,
mentre altri comuni piemontesi davano alle stampe testi statutari la cui
«attualità» era discutibile
132
, ma dei quali la pratica giuridica era por-
128
BSSS, 138/1, p.
xlviii
.
129
soffietti
e
montanari
,
Problemi
cit., pp. 19-24.
130
Ibid.
, pp. 43-44;
c. pecorella
(a cura di),
Il libro terzo degli «Ordini nuovi» di Emanuele Fi-
liberto
, Torino 1989, p. 3.
131
BSSS, 138/1, pp.
xlviii-il
.
132
Si possono ricordare ad esempio – per quanto riguarda alcune città sabaude – le edizioni
degli statuti di Asti (1534), Chivasso (1533), Fossano (1599), Mondovì (1570 e 1598), Pinerolo
(1602), Saluzzo (1583). Un utile inquadramento in
c. montanari
,
Gli statuti piemontesi: problemi
e prospettive
, in
Legislazione e società nell’Italia medievale. Per il VII centenario degli statuti di Al-