Table of Contents Table of Contents
Previous Page  273 / 852 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 273 / 852 Next Page
Page Background

256

Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

Il ruolo di Torino con il secolo

xv

aumenta, sia come sede di organi

ducali sia come punto di riferimento della politica subalpina dei Savoia:

può essere comprensibile che, se la città da una parte è favorita dalla

presenza signorile, dall’altra possa esserne maggiormente condizionata

e ridotta nella sua autonomia. Nel secolo

xv

gli statuti sembrano passa-

re un poco in secondo piano, di fronte alle franchigie o ai «capitoli» trat-

tati nelle riunioni parlamentari con i rappresentanti ducali. Una rifor-

ma statutaria delicata, come quella della successione femminile, fatta

nel 1489, non viene poi né inserita nel

liber statutorum

né fatta appro-

vare dal duca, causando in seguito numerose liti

128

.

La vivacità del diritto statutario, alla fine del secolo

xv

, è scompar-

sa: si applica – quando si applica – la raccolta esistente, senza portare

attenzione ad aggiornamenti. Il «nuovo» è rappresentato dal diritto du-

cale, che avanza, e si presenta con quelle caratteristiche che lo portano

progressivamente ad espandersi a danno delle altre fonti giuridiche, sia-

no esse del diritto statutario o dello stesso diritto comune

129

. Gli «Or-

dini nuovi» di Emanuele Filiberto del 1561, dopo la crisi della prima

metà del secolo

xvi

che ha messo in forse la stessa sopravvivenza della

dinastia, dicono chiaramente che prima si applica la disciplina sabauda

e poi, casomai, quella statutaria…

130

. Il «clima» è completamente cam-

biato: il diritto del principe viene prima di ogni altro: si va verso lo sta-

to assoluto (…o «moderno») e le autonomie comunali devono essere «ri-

dimensionate», in pratica, cioè, notevolmente ridotte.

Nonostante tutto ciò, gli statuti comunali restano formalmente in

vigore. A Torino, verso la fine del secolo

xvi

, si pensa di far riprodur-

re con la stampa il «Libro della Catena»: l’iniziativa non giunge a com-

pimento, perché prima di effettuare l’edizione si intende aggiornare il

testo, sicché – in attesa di far meglio – non si fa nulla

131

. Senza dubbio,

però, molti capitoli del

liber statutorum

erano stati superati dai tempi:

la «prudente» posizione torinese può essere variamente considerata,

mentre altri comuni piemontesi davano alle stampe testi statutari la cui

«attualità» era discutibile

132

, ma dei quali la pratica giuridica era por-

128

BSSS, 138/1, p.

xlviii

.

129

soffietti

e

montanari

,

Problemi

cit., pp. 19-24.

130

Ibid.

, pp. 43-44;

c. pecorella

(a cura di),

Il libro terzo degli «Ordini nuovi» di Emanuele Fi-

liberto

, Torino 1989, p. 3.

131

BSSS, 138/1, pp.

xlviii-il

.

132

Si possono ricordare ad esempio – per quanto riguarda alcune città sabaude – le edizioni

degli statuti di Asti (1534), Chivasso (1533), Fossano (1599), Mondovì (1570 e 1598), Pinerolo

(1602), Saluzzo (1583). Un utile inquadramento in

c. montanari

,

Gli statuti piemontesi: problemi

e prospettive

, in

Legislazione e società nell’Italia medievale. Per il VII centenario degli statuti di Al-