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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
fatto che la maggior parte preferì sempre pagare la censiva piuttosto che
iscrivere a catasto la bottega; va aggiunto che il consiglio comunale non
aveva tardato a estendere la facoltà di pagare la censiva a tutti quei drap-
pieri che avessero scelto di avvalersene.
Non si vuole con ciò suggerire, beninteso, che la riscossione della ta-
glia avesse un’importanza secondaria nella politica finanziaria del co-
mune. Basterebbero a dimostrare il contrario gli sforzi assai considere-
voli, anche sul piano dei costi, sostenuti dalle autorità per tenere ag-
giornati e periodicamente rinnovare i registri catastali. Nel 1369, gli otto
notai che avevano compilato i registri dei quattro quartieri ricevettero
12 fiorini e mezzo a testa, mentre ai due notai che avevano compilato il
registro dei forensi, assai più breve, toccarono soltanto 2 fiorini; la spe-
sa complessiva per il comune fu dunque di 54 fiorini
5
. Nessun governo
si sarebbe assunto un simile onere, irrisorio certo per le finanze di un
grande comune, ma nient’affatto trascurabile per una comunità minu-
scola come la torinese, se i catasti non fossero stati considerati uno stru-
mento indispensabile di politica fiscale. E tuttavia non c’è dubbio che
la taglia era una misura macchinosa e impopolare; e che altre forme di
prelievo, in primo luogo le gabelle, riscuotevano ben altra fiducia da par-
te delle autorità.
Pedagg i e gabe l l e .
Nell’analizzare il prelievo fiscale operato sulle merci che entravano,
uscivano o transitavano dal territorio torinese occorre distinguere fra
gabelle e pedaggi. Questi ultimi erano originariamente pubblici, in quan-
to riscossi dalle principali autorità operanti a Torino nella prima età co-
munale, il vescovo e il marchese di Monferrato; nell’età che qui ci inte-
ressa, tuttavia, l’origine pubblica era ricordata soltanto dal nome di «pe-
dagium episcopi» e «pedagium marchionis» che continuava a designare
i più importanti fra questi prelievi. Verso la metà del Trecento i pedag-
gi erano suddivisi in quote possedute privatamente da una quarantina
di comproprietari, per lo più nobili o comunque notabili; ogni quota po-
teva essere comprata, venduta o ulteriormente suddivisa, al pari di una
qualsiasi rendita privata. Ogni anno i «consocii» nominavano un «ban-
carius» e due collettori, scelti di solito fra i comproprietari, e incaricati
di sovrintendere alla riscossione dei pedaggi e alla successiva ripartizio-
ne degli utili; si trattava insomma di un consorzio, che comprendeva
molti cittadini fra i più ragguardevoli, e che in quanto tale contribuiva
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ASCT,
Ordinati
, 15, f. 126
v
.