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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
mancando di chiedere il permesso del conte per eventuali aumenti ta-
riffari
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.
Il primo posto fra le gabelle in vigore dopo il 1366 spetta senza dub-
bio a un pacchetto di gabelle che si appaltavano normalmente in bloc-
co, e il cui gettito costituiva di gran lunga la più importante fra le en-
trate del comune, tanto da giustificare il nome di «gabella grossa» con
cui saranno indicate collettivamente nel Quattrocento. Ne facevano par-
te la gabella sul vino venduto al dettaglio dagli osti, riscossa in ragione
di 6 soldi per staio, e la gabella detta comunemente della beccheria, che
almeno inizialmente gravava sul commercio della carne nella misura di
3 soldi per una bestia bovina, 1 soldo per un castrato, 18 denari per un
porco e 3 denari per un agnello. Ad esse era unita la gabella dei panni
torinesi, tassati all’esportazione in ragione di 2 soldi per pezza, che ven-
ne poi abolita nel 1382; nel 1384 entrò nel conto anche un nuovo dazio
sugli ovini esportati dalla città, in ragione di 16 soldi per trentenario,
che venne però abolito già l’anno successivo
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.
Complessivamente questo pacchetto di gabelle rendeva ogni anno al
comune una somma variabile fra i 500 e i 1500 fiorini; sebbene la serie
non si presti a un’analisi troppo precisa, poiché non tutti gli anni, come
vedremo, le gabelle erano appaltate, e anche la durata dell’appalto era
soggetta a variazioni, si può individuare un primo periodo, fra il 1374
e il 1380, in cui il gettito annuo si mantiene su livelli piuttosto bassi, fra
i 500 e i 670 fiorini; fra il 1381 e il 1391 i valori sono molto più alti e
non scendono mai sotto gli 800 o 1000 fiorini, raggiungendo la cifra re-
cord di 1500 fiorini nel 1387; poi i valori cominciano a scendere piut-
tosto rapidamente, toccando un minimo di 520 fiorini nel 1406, per ri-
cominciare da questa data una crescita piuttosto rapida e regolare, che
li riporta a 960 fiorini nel 1415. Considerando che queste cifre non ri-
specchiano il gettito della gabella effettivamente riscossa, ma le somme
che gli speculatori cittadini erano disposti a rischiare nell’appalto, ap-
pare evidente che il periodo da noi analizzato non può essere etichetta-
to nel suo complesso come un periodo di crisi e di ripiegamento: i valo-
ri degli appalti, che possiamo leggere non troppo diversamente dagli in-
dicatori di borsa dei giorni nostri, mostrano una fase di difficoltà e
stanchezza negli anni Settanta, vivacità economica e ottimismo negli
10
Cfr. ad esempio ASCT, n. 3560.
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Per l’entità della gabella cfr. ASCT,
Ordinati
, 17, ff. 86-88; 25, ff. 27-28. All’inizio del
Quattrocento le tariffe erano cresciute, sicché ad esempio si pagavano 2 soldi per un montone; ciò
che non impedì al consiglio comunale di elevare nuovamente tutti gli importi il 2 ottobre 1401:
42, f. 116. Abolizione del dazio sugli ovini: 26, f. 34
v
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