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infine il comune a una situazione di indebitamento permanente; a tut-

to vantaggio di una moltitudine di speculatori privati, che d’altronde fa-

cevano tutt’uno col gruppo dirigente del comune stesso. Nei primi an-

ni le gabelle vennero riscosse in economia, da gabellatori nominati dal

consiglio comunale; ciò che non escludeva, peraltro, la possibilità di im-

pegnarne il reddito a singoli creditori del comune, fino a soluzione del

credito. Si trattava di una misura che, pur impegnando in anticipo le en-

trate, non prefigurava ancora il vero e proprio appalto, poiché consen-

tiva se non altro di conservare il controllo diretto dell’esazione, e si ri-

duceva in definitiva a un’assegnazione di finanza su una data entrata,

secondo una prassi largamente testimoniata anche nell’amministrazio-

ne sabauda.

Senonché molto presto il bisogno di denaro si fece più pressante, e

il 5 febbraio 1374 tutte le gabelle, in un unico blocco, vennero vendu-

te al miglior offerente, il ricchissimo mercante Giovannino Cravino.

L’affermazione, più volte ripetuta nei verbali della gara d’appalto, che

l’intera somma così incassata, ascesa poi a 670 fiorini, doveva servire a

tacitare i creditori del comune lascia pensare che sia questa la prima vol-

ta in cui il consiglio dovette risolversi all’incanto delle gabelle, anche se

la perdita di alcune annate degli

Ordinati

ci impedisce di affermarlo con

certezza. Poiché tuttavia il gettito era già impegnato per metà a un al-

tro creditore, Antonio di Cavaglià, in garanzia di 50 fiorini annui do-

vutigli dal comune, fu deciso di impegnare a quest’ultimo tutta la ga-

bella del vino forestiero, in cambio della rinuncia ai suoi diritti sulla

metà delle altre tre gabelle. Nell’opinione dei consiglieri, questo appal-

to doveva certamente rappresentare una misura eccezionale, scaduti i

cui termini si sarebbe ritornati alla gestione in economia e, se necessa-

rio, all’impegno delle entrate: appena tre mesi dopo, il consiglio decise

infatti che una volta scaduto l’appalto annuale assegnato al Cravino,

metà delle gabelle sarebbero state impegnate per pagare altri 35 franchi

d’oro dovuti dal comune a diversi debitori.

Senonché ancor prima della scadenza dell’appalto, nell’ottobre 1374,

il comune si vide nella necessità di trovar denaro per pagare gli uomini

d’arme richiesti dal principe, e non seppe immaginare altra soluzione se

non quella di incantare in anticipo le gabelle per l’anno successivo. Si

avviava così, senza rumore, una prassi rovinosa che avrebbe costretto

il comune a vendere con sempre maggior anticipo le proprie entrate fu-

ture per far fronte a improvvise e improrogabili esigenze di denaro,

impedendo per molti anni il ritorno pur auspicato alla gestione diretta

delle gabelle. Già nel gennaio 1375 infatti, nel pieno della più grave ca-

restia che abbia colpito non solamente Torino, ma l’intera Europa me-

La classe dirigente e i problemi di una città in difficoltà

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