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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

no innanzitutto di assicurare l’afflusso in città di una quantità sufficiente

di grano, e a questo scopo si guardavano bene dall’intervenire sui prez-

zi; la politica annonaria del comune, in coordinamento non sempre fa-

cile con quella del principe, usava piuttosto lo strumento della serrata,

la proibizione, cioè, di esportare grano dalla città. Gli statuti prevede-

vano bensì, alla rubrica

liii

, che a nessun cittadino si potesse proibire

di vendere il suo grano o il suo vino come meglio credeva, ma quella li-

bertà si riferiva esclusivamente al mercato cittadino; la rubrica

lxvii

ri-

conosceva invece al vicario e al giudice, sentito il parere del consiglio

comunale, l’autorità «de serrando vel alargando granum», cioè di vie-

tare o consentire l’esportazione. Al primo accenno di difficoltà, si proi-

biva a chiunque di portar fuori grano dal territorio del comune; non di

rado questi provvedimenti si sommavano, precisandoli, a quelli del prin-

cipe, che a sua volta proibiva, in termini generali, di esportare grano dai

suoi stati. Di fatto, il susseguirsi di mediocri o cattivi raccolti fa sì che

il divieto d’esportazione rappresentasse la condizione ordinaria: al pun-

to che non di rado, subito dopo il raccolto, quando cioè l’abbondanza

avrebbe dovuto regnare, bisognava consentire esplicitamente ai mieti-

tori, il cui salario era pagato in natura, di tornare a casa col loro grano,

sospendendo provvisoriamente il divieto

28

.

Le autorità locali, insomma, preferivano assicurare l’abbondanza di

pane vietando l’esportazione del grano, salvo, s’intende, concedere per-

messi di esportazione a quei produttori che potevano pagare bustarelle,

o mettere in moto protezioni influenti; nei momenti di reale difficoltà

si prendevano ulteriori misure, ma anche allora si preferiva intervenire

sul mercato piuttosto che direttamente sui prezzi. Ad esempio era pos-

sibile, per scoraggiare la speculazione e le frodi, imporre un controllo

burocratico sulla compravendita: il 29 agosto 1369, il consiglio comu-

nale stabilisce che tutti coloro che acquistano o vendono grano dovran-

no essere iscritti su un registro, e conferisce l’incarico al notaio Berto-

lino Arpino, col salario, a dire la verità irrisorio, di 2 soldi per ogni gior-

no di mercato. In presenza di un raccolto particolarmente deludente, ci

si spingeva fino a offrire un premio per l’importazione; così, il 18 otto-

bre 1373 il consiglio comunale decise di pagare un premio di 3 denari

per ogni staio di grano importato

29

.

Quando, infine, la situazione era così grave da minacciare seriamente

l’ordine pubblico, il comune poteva intervenire acquistando grano e ven-

dendolo direttamente ai cittadini; anche in questo caso, tuttavia, l’in-

28

ASCT,

Ordinati

, 4, f. 78; 13, f. 52.

29

ASCT,

Ordinati

, 15, f. 112; 16, f. 174.