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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

ferrato e che questi aveva ordinato loro di difendere come il proprio, sic-

ché il sequestro era perfettamente legale, e non c’era nessun motivo di la-

mentarsi. Se poi, aggiunsero beffardamente, qualcuno a Torino sostene-

va il contrario, e pensava d’essere bravo quanto loro, non aveva che da

venire a Settimo a ripeterlo, e gli avrebbero dimostrato che si sbagliava

34

.

Quando i colpevoli di queste ruberie rientravano nella giurisdizione

del vicario, c’era qualche maggiore speranza di punirli: verso il 1386 En-

rico consignore di Cavoretto, Brunetto suo paggio e tredici suoi uomi-

ni vennero condannati dal vicario a pagare 1500 lire, per essersi impa-

droniti di bestiame appartenente a uomini di Torino e di Grugliasco,

all’interno del territorio cittadino, «more predonum». Più spesso, il con-

siglio comunale era costretto a entrare in complicati negoziati per otte-

nere, con mezzi politici piuttosto che giudiziari, almeno la restituzione

del danno: nel 1389 il beccaio Vietto Ranotti, figlio del Rana, chiese

l’intervento del comune per recuperare quattro bestie bovine sequestrate

e vendute a Chivasso dagli uomini del marchese di Monferrato; nel 1410,

il consiglio comunale dovette mandare ambasciatori ai signori di Colle-

gno, per denunciare il furto compiuto da certi uomini del luogo ai dan-

ni di un carico di panni incamminati verso Torino

35

.

Non è facile quantificare il danno che l’insicurezza delle strade cau-

sava all’economia torinese. Certo una città la cui ricchezza si fondasse

in maggior misura sul settore manifatturiero ne avrebbe sofferto mag-

giormente; ma i più ricchi mercanti torinesi erano pur sempre quelli che

importavano panni francesi e fiamminghi, o che organizzavano sul po-

sto la produzione del panno locale per poi esportarne almeno una par-

te, e per costoro il taglieggiamento dev’essere risultato gravoso, come

pure per i macellai, che rappresentavano, in virtù della congiuntura, un

settore di grande vivacità economica. Ma in realtà non c’era aspetto del-

la vita cittadina che non risultasse danneggiato o addirittura paralizza-

to dall’impraticabilità delle strade, soprattutto in tempo di guerra di-

chiarata: alla fine del Trecento il capitolo della cattedrale, proprietario

di molte case in città, lamentava di non poter provvedere alla loro ma-

nutenzione, poiché a causa della guerra era impossibile far entrare in

città una quantità sufficiente di legname da costruzione, sicché quelle

case minacciavano di crollare

36

.

34

ASCT,

Ordinati

, 18, f. 121

r

.

35

CCT, rot. 47; ASCT,

Ordinati

, 30, f. 86

r

; 51, ff. 95

v

, 96

v

.

36

AAT, Archivio Capitolare, Pergamene, I, n. 230. Sulle interruzioni provocate dalla guerra

alla rete stradale incentrata su Torino, particolarmente intense fra il 1383 e il 1397, cfr.

l. fran-

gioni

,

Milano e le sue strade. Costi di trasporto e vie di commercio dei prodotti milanesi alla fine del

Trecento

, Bologna 1983, pp. 72-84.