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se in primo luogo quella di prendersi cura dei cavalli: nel 1379 il prin-

cipe d’Acaia, soggiornando a Torino, abitò in Castello insieme ai suoi

servitori, dormendo peraltro in un letto prestato per l’occasione da Bru-

netto della Rovere, ma mandò i suoi dodici cavalli all’osteria di Stefano

de Colleto. All’arrivo di comitive particolarmente numerose, un gran

numero di osti poteva essere chiamato a mettere a disposizione le sue

stalle: nel 1415 il principe giunse a Torino seguito da ben ottantun ca-

valli, che fu necessario distribuire per la notte fra nove diversi alberghi,

fra cui quello di Giovanni de Colleto, che ne ospitò diciassette

46

.

Quanti alberghi erano attivi a Torino? I catasti non costituiscono la

fonte più adeguata per rispondere a questo interrogativo, dal momento

che questi esercizi non sono quasi mai consegnati come tali dai loro pos-

sessori: nel 1415, come si è visto, risultano attivi almeno nove diversi

alberghi, ma il catasto redatto nello stesso anno non ne menziona nep-

pure uno. Questo silenzio non va inteso come una frode generalizzata,

ma piuttosto come una conferma del fatto che la struttura materiale de-

gli alberghi non differiva solitamente da quella delle case private; sicché

gli albergatori si limitavano a denunciare, al pari di tutti gli altri citta-

dini, il possesso della casa in cui abitavano. La consegna separata di let-

ti, materassi, cuscini e lenzuola, diversi da quelli per l’uso privato della

famiglia, permette non di rado di intuire che una data casa era adibita

a locanda; ma anche in questo caso non possiamo presumere di trovar-

ci di fronte a un dato definitivo, dato lo scarso rigore con cui era perse-

guito l’accertamento dei beni mobili. Gli osti che denunciavano il pos-

sesso di letti e masserizie erano almeno sei o sette in ciascun rilevamento

catastale: ma tutto lascia pensare che il numero degli alberghi sia sem-

pre stato maggiore. Nelle fonti tre e quattrocentesche si ritrovano i no-

mi di oltre una dozzina di esercizi, come quelli del Cappello o Cappel

Rosso, della Chiave, della Croce Bianca, di Sant’Antonio, di San Gior-

gio, dell’Angelo, del Falcone, di San Giovanni, del Leone o Leon Ros-

so, del Cavallo, della Cerva, dei Tre Re a piedi e dei Tre Re a cavallo.

Non è detto che questi alberghi fossero tutti aperti contemporanea-

mente, ma si può comunque concludere che in un qualsiasi momento del

periodo da noi considerato il viaggiatore poteva scegliere in città fra non

meno di otto o dieci locande; un numero piuttosto elevato per una città

così piccola

47

.

La classe dirigente e i problemi di una città in difficoltà

285

46

ASCT,

Ordinati

, 20, f. 41

r

; CCT, rot. 53 e 66.

47

Cfr.

m. t. bonardi

,

L’uso sociale dello spazio urbano

, in

comba

e

roccia

(a cura di),

Torino

fra Medioevo e Rinascimento

cit., pp. 177-80;

l. vaccarone

,

Notizie desunte dai conti della Tesore-

ria generale

, ms presso AST, Sezioni Riunite,

sub voce

«Alberghi».