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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
nelle loro stesse case o in speciali quartieri o più spesso mediante l’espul-
sione dalla città
59
. Sembra che a Torino, fin dall’inizio del
xv
secolo, gli
infermi e i sospetti di morbo contagioso potessero trovare ospitalità
presso l’infermeria di San Lazzaro, sorta – come è noto – per accoglie-
re i lebbrosi, il cui numero però appariva ormai in forte regressione: si
trattava in ogni caso di un piccolo ospedale ubicato oltre Dora, nel quar-
tiere di Porta Pusterla, certamente inadeguato a far fronte allo stato di
emergenza sanitaria rappresentato da una epidemia, mentre per gli al-
tri enti ospedalieri torinesi, e più in generale piemontesi, non è atte-
stata una funzione specificamente sanitaria, tanto meno in tempo di
contagio
60
. Proprio la mancanza di una sede idonea ad accogliere gli in-
fetti, forse durante un attacco epidemico di violenza non eccessiva o
ancora molto circoscritto (fra l’altro non elencato tra quelli finora cen-
siti), nel 1416 poté indurre la credenza torinese a deliberare che ai
mor-
bosi
fosse consentita la permanenza nelle loro abitazioni, evidentemente
in contrasto con l’uso consolidato, in base al quale era previsto il loro
allontanamento
61
.
Se è vero che i fenomeni epidemici non possono non avere influ-
enzato in generale le istituzioni sanitarie, mostrando in tutta evidenza
come i problemi della salute non potessero più essere considerati un
fatto meramente individuale, bensì collettivo, va ricordato comunque
che già in precedenza la città si era interessata all’assistenza sanitaria
attraverso la nomina di qualche medico convenzionato mediante re-
golare contratto; quello stipulato il 18 marzo 1346 con Benvenuto de
Palma è il primo che si conosca, stando alle testimonianze attualmen-
te disponibili. Le condizioni di quel contratto presentano molte ana-
logie con i patti di ferma relativi ad altre località dell’area pedemon-
tana, anche di epoca successiva, e il loro schema ricalca una matrice
comune molto simile a quella dei contratti dei maestri di scuola: l’ob-
bligo per il medico di residenza stabile in città per tutto il periodo con-
cordato o comunque il dovere di rendersi reperibile durante le assen-
ze, che – limitate per contratto – dovevano sempre essere preventiva-
mente autorizzate da un pubblico ufficiale; l’impegno del comune a
versare al medico il compenso pattuito come incentivo per curare tut-
59
i. naso
,
Medici e strutture sanitarie nella società tardo-medievale. Il Piemonte dei secoli
xiv
e
xv
, Milano 1982, pp. 70-72.
60
ASCT,
Ordinati
, 48, f. 87
v
, verbale del 14 agosto 1407. La bibliografia sugli ospedali tori-
nesi è relativamente ampia: sarà sufficiente citare la sintesi più recente, di
t. m. caffaratto
,
L’Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista e della città di Torino. Sette secoli di assistenza socio-sa-
nitaria
, Torino 1984.
61
ASCT,
Ordinati
, 56, f. 117
r
, verbale del 3 ottobre 1416.