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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
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.
Nell’analizzare i problemi dell’attività alberghiera occorre distin-
guere fra i veri e propri alberghi, con possibilità di alloggio per i viag-
giatori, e le semplici taverne in cui si trovava da bere e da mangiare, ma
non da dormire. Offrire ospitalità ai forestieri era un’attività impegna-
tiva, non foss’altro perché, in una società ancora avvezza a una certa
scarsità di beni materiali, un letto col suo corredo di materassi, lenzuo-
la e trapunte rappresentava un investimento non indifferente, che in-
fatti gli osti, almeno in teoria, erano obbligati a dichiarare a catasto.
Neppure il principe possedeva in Castello letti sufficienti per sé ed il suo
seguito, e ad ogni venuta a Torino era costretto a chiederne in prestito
alla comunità: così ad esempio nel 1378 il notaio Giovanni de Moran-
da prestò un letto per il principe, l’ostessa Margarita del Pino uno per
il maggiordomo, l’oste Stefano de Colleto uno per il cameriere del prin-
cipe, il mercante Giacomo Arisio e l’oste Manfredo Brutino uno cia-
scuno per i servitori
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. La possibilità di dare alloggio rappresentava quin-
di un lusso che non tutti gli osti potevano permettersi, ed era sufficiente
a introdurre l’albergatore in un ambiente economicamente e socialmen-
te superiore a quello dei semplici bettolieri; ma per la stessa ragione ba-
stavano pochissimi letti perché una casa si trasformasse in albergo. Se
Stefano de Colleto, proprietario dell’albergo del Cappello, probabil-
mente il più avviato allora esistente in città, denunciava quattordici let-
ti nel catasto del 1349, un taverniere come Boba Gastaldi, di Gruglia-
sco, appena immigrato a Torino, non ne possedeva che due
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.
La capacità ricettiva di un albergo non era d’altra parte limitata sol-
tanto dal numero di letti disponibili, ma anche dalle dimensioni delle
stalle, poiché molti viaggiatori, e in ogni caso tutti quelli che si sposta-
vano in missione ufficiale e su conto spese, viaggiavano a cavallo. L’al-
bergo del Cappello doveva essere anche da questo punto di vista il più
notevole, se verso il 1398 poté ospitare per tre giorni un gruppo di no-
bili della corte degli Acaia che viaggiavano con un seguito di venti ca-
valli: in quell’occasione Stefano de Colleto presentò un conto di 34 lire
e 3 soldi, una cifra che dà un’idea del fatturato su cui potevano conta-
re gli osti più prosperi. In molti casi si ha anzi l’impressione che, so-
prattutto per i viaggiatori di un certo rango, la funzione dell’albergo fos-
43
Cfr.
barbero
,
Un’oligarchia urbana
cit., pp. 195-204.
44
ASCT,
Ordinati
, 19, f. 68
r
; così pure 20, f. 41
r
.
45
ASCT, Dor. 1349, f. 66
v
; Pust. 1363, f. 62
r
.