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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
ridionale nel corso del nostro periodo, il comune dovette acquistare
grandi quantità di grano da rivendere a prezzo di costo, per sovvenire
almeno in parte ai bisogni della popolazione; e oltre a indebitarsi a tas-
si rovinosi con diversi usurai cittadini e forestieri non poté far altro che
incantare le gabelle per l’anno seguente, ovvero a partire dal febbraio
1376, dato che quelle dell’anno appena iniziato erano già state appal-
tate mesi prima
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.
Negli anni successivi il comune si sforzò a più riprese di tornare al-
la gestione delle gabelle in economia. Nell’agosto 1378, alla scadenza
di un appalto di un anno e mezzo aggiudicato a suo tempo al giudice
Surleone Mezzabarba, si parlò di indire nuovamente l’incanto per un
periodo equivalente, allo scopo di rimborsare coloro che avevano pre-
stato al comune il denaro per pagare il sussidio richiesto dal principe;
per il momento prevalse invece la decisione di riscuotere direttamente
le entrate e impiegarle per risarcire i creditori, ma già a dicembre, poi-
ché incombeva una nuova rata del sussidio, si giudicò necessario ritor-
nare all’appalto. Il 12 febbraio 1381 si decise nuovamente che il mas-
saro avrebbe riscosso le gabelle per conto del comune, salvo impegnar-
ne i proventi per pagare agli eredi di Matteo di Pavarolo 300 fiorini
annui che il comune si era obbligato a versare per conto del principe,
ma già il 24 febbraio si decise invece di metterle all’incanto. L’anno se-
guente la proposta di riscuotere le gabelle in economia fu ripresentata
con maggior forza, e il consiglio procedette a nominare sei coppie di ga-
bellieri, ognuna delle quali sarebbe rimasta in funzione due mesi; ma
già all’inizio del 1383, dopo solo un anno di gestione diretta, si ritornò
all’incanto
22
.
Del resto già a quella data le entrate garantite dall’appalto delle ga-
belle servivano a mala pena a coprire qualche piccola spesa straordina-
ria, poiché il grosso della cifra era impegnato in anticipo per pagare i de-
biti del comune. Nel giugno del 1383 fu necessario intraprendere lavo-
ri di riparazione al ponte sul Po: il mercante Tomaino Delfino si dichiarò
disposto a prestare senza interesse i 100 genovini necessari, e il notaio
Ludovico di Cavaglià si impegnò a mettere a disposizione a suo tempo
il denaro per saldare il debito, ma questa volta con un interesse del 12
per cento. Il massaro del comune notificò perciò al notaio Giacobino
Bainerio, appaltatore delle gabelle, che degli 810 fiorini da versare per
l’appalto una parte avrebbe dovuto essere impiegata appunto per salda-
re il credito del Cavaglià; ma solo dopo che si fosse provveduto a ver-
21
ASCT,
Ordinati
, 17, ff. 5-6, 31
v
, 86-88, 122.
22
ASCT,
Ordinati
, 19, ff. 54
v
, 57-58, 95-96; 20, ff. 4
v
, 6; 22, ff. 6-11; 23, ff. 10
v
, 13
v
; 24, f. 29
r
.