

262
Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
lore, cosicché nel momento in cui il consiglio comunale avesse delibera-
to l’imposizione di una taglia, sarebbe stata sufficiente una semplice ope-
razione aritmetica per distribuirne il peso fra tutti i cittadini. Cono-
scendo l’ammontare complessivo della ricchezza dichiarata a catasto, e
quello della somma che si era deciso di levare, le autorità non avevano
che da calcolare il rapporto fra le due cifre, per stabilire l’entità dell’im-
posizione: così, il 28 settembre 1393, per pagare gli interessi di 1000
fiorini prestati al comune dal banchiere chierese Francesco Villa, venne
deciso che ciascun contribuente avrebbe pagato 5 soldi per ogni lira di
registro
2
.
L’imponibile calcolato in calce a ciascuna dichiarazione non rappre-
sentava beninteso una stima, sia pure approssimativa, del valore di mer-
cato dei beni, nel qual caso una taglia come quella appena ricordata
avrebbe rappresentato per i cittadini un onere astronomico; né riflet-
teva il loro reddito, come avveniva altrove. Esso corrispondeva piutto-
sto a una frazione del valore reale, fissata arbitrariamente di volta in
volta; giacché ciò che contava non era disporre di una valutazione og-
gettiva della ricchezza, ma soltanto di un termine di confronto, neces-
sario per ripartire equamente l’onere fiscale. L’imponibile così calcola-
to era comunque proporzionato al valore di ciascuna parcella, tanto che
le diverse destinazioni colturali si disponevano, ai fini fiscali, sulla me-
desima scala dei prezzi di mercato: la vigna era la coltura più tassata, e
con essa il prato, purché si trattasse di prato irriguo; l’assenza dell’ac-
qua era sufficiente a dimezzarne il valore. L’arativo e l’alteno erano tas-
sati approssimativamente quanto il prato secco e anche qualcosa di più,
mentre molto più basso era il valore del bosco, soprattutto quando non
si trattava di bosco d’alto fusto ma di quello che veniva chiamato bo-
sco minuto.
Oltre che della destinazione colturale, i catasti tenevano conto del-
le modalità di gestione: se la terra era data in affitto a lungo termine o
addirittura in perpetuo il suo valore fiscale crollava, com’è naturale in
un’età in cui il valore reale dei canoni d’affitto risentiva del costante de-
prezzamento della moneta. Un’ulteriore variabile era poi introdotta dal-
2
bracco
,
Le finanze del Comune di Torino nel secolo
xiv
cit., p. 65. Sui catasti torinesi cfr.
a. m. pascale
,
Fisionomia territoriale e popolazione nel comune di Torino sulla base del catasto del
1349
, in «BSBS»,
lxxii
(1974), pp. 199-258;
s. benedetto
,
Le traitement informatisé des «catasti»
turinois du Moyen Age
, in
j. l. biget
,
j. c. hervé
e
y. thébert
(a cura di),
Les cadastres anciens des
villes et leur traitement par l’informatique
, Rome 1989, pp. 289-97;
id.
,
Forme e dinamiche del pae-
saggio rurale
, in
r. comba
e
r. roccia
(a cura di),
Torino fra Medioevo e Rinascimento. Dai catasti al
paesaggio urbano e rurale
, Torino 1993, pp. 241-65;
m. t. bonardi
,
Dai catasti al tessuto urbano
,
ibid.
, pp. 55-141.