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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

lore, cosicché nel momento in cui il consiglio comunale avesse delibera-

to l’imposizione di una taglia, sarebbe stata sufficiente una semplice ope-

razione aritmetica per distribuirne il peso fra tutti i cittadini. Cono-

scendo l’ammontare complessivo della ricchezza dichiarata a catasto, e

quello della somma che si era deciso di levare, le autorità non avevano

che da calcolare il rapporto fra le due cifre, per stabilire l’entità dell’im-

posizione: così, il 28 settembre 1393, per pagare gli interessi di 1000

fiorini prestati al comune dal banchiere chierese Francesco Villa, venne

deciso che ciascun contribuente avrebbe pagato 5 soldi per ogni lira di

registro

2

.

L’imponibile calcolato in calce a ciascuna dichiarazione non rappre-

sentava beninteso una stima, sia pure approssimativa, del valore di mer-

cato dei beni, nel qual caso una taglia come quella appena ricordata

avrebbe rappresentato per i cittadini un onere astronomico; né riflet-

teva il loro reddito, come avveniva altrove. Esso corrispondeva piutto-

sto a una frazione del valore reale, fissata arbitrariamente di volta in

volta; giacché ciò che contava non era disporre di una valutazione og-

gettiva della ricchezza, ma soltanto di un termine di confronto, neces-

sario per ripartire equamente l’onere fiscale. L’imponibile così calcola-

to era comunque proporzionato al valore di ciascuna parcella, tanto che

le diverse destinazioni colturali si disponevano, ai fini fiscali, sulla me-

desima scala dei prezzi di mercato: la vigna era la coltura più tassata, e

con essa il prato, purché si trattasse di prato irriguo; l’assenza dell’ac-

qua era sufficiente a dimezzarne il valore. L’arativo e l’alteno erano tas-

sati approssimativamente quanto il prato secco e anche qualcosa di più,

mentre molto più basso era il valore del bosco, soprattutto quando non

si trattava di bosco d’alto fusto ma di quello che veniva chiamato bo-

sco minuto.

Oltre che della destinazione colturale, i catasti tenevano conto del-

le modalità di gestione: se la terra era data in affitto a lungo termine o

addirittura in perpetuo il suo valore fiscale crollava, com’è naturale in

un’età in cui il valore reale dei canoni d’affitto risentiva del costante de-

prezzamento della moneta. Un’ulteriore variabile era poi introdotta dal-

2

bracco

,

Le finanze del Comune di Torino nel secolo

xiv

cit., p. 65. Sui catasti torinesi cfr.

a. m. pascale

,

Fisionomia territoriale e popolazione nel comune di Torino sulla base del catasto del

1349

, in «BSBS»,

lxxii

(1974), pp. 199-258;

s. benedetto

,

Le traitement informatisé des «catasti»

turinois du Moyen Age

, in

j. l. biget

,

j. c. hervé

e

y. thébert

(a cura di),

Les cadastres anciens des

villes et leur traitement par l’informatique

, Rome 1989, pp. 289-97;

id.

,

Forme e dinamiche del pae-

saggio rurale

, in

r. comba

e

r. roccia

(a cura di),

Torino fra Medioevo e Rinascimento. Dai catasti al

paesaggio urbano e rurale

, Torino 1993, pp. 241-65;

m. t. bonardi

,

Dai catasti al tessuto urbano

,

ibid.

, pp. 55-141.