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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)
dal consiglio di credenza, i «rettori» della società: tra i compiti dei de-
legati c’è di provvedere alla luminaria e alle vesti che dovranno indos-
sare i musicanti
89
. L’impressione è che questa festa rappresenti il mo-
mento più significativo di quella religiosità civica a cui già s’è fatto cen-
no.
San Giovanni Battista è il patrono della città. Sappiamo che nei pri-
mi decenni del
xiv
secolo, in occasione della sua festa, appare consoli-
data la consuetudine di svolgere una grande processione che, passando
per vie e piazze, giunge alla omonima cattedrale. Essa, in generale e a
livello simbolico, ha la funzione di rappresentare una celebrazione col-
lettiva della «civitas», della concordia cittadina, nel rispetto e nella
riaffermazione delle gerarchie sociali e politiche: una «celebrazione»
che, per contro, non poteva non risentire dei contrasti e delle lotte, co-
me quando nel 1327-28 il consiglio comunale proibì ai nobili di più an-
tica origine, appartenenti ai cosiddetti «albergi» o «hospicia», di por-
tare i propri ceri nella chiesa di San Giovanni
90
. È un provvedimento
che sembra preannunciare quanto più volte ribadito negli statuti della
Società di San Giovanni Battista del 1389, che escludono la parteci-
pazione all’associazione di «omnes de hospitiis, agnationibus et alber-
gis illorum de Ruore, de Silis, de Czuchis, de Borgensibus, de Becutis
et de Gorzano»
91
.
San Giovanni e la sua cattedrale non sono l’unico riferimento reli-
gioso della città. Di operante realtà è ancora il rapporto che gli statuti
trecenteschi definiscono tra la «civitas Taurini» e i beati martiri Solu-
tore, Avventore e Ottavio e l’antico monastero ad essi dedicato: vica-
rio, giudice e consiglieri – le autorità civili cittadine – hanno l’obbligo
annuale di «visitare» l’ente monastico insieme con il preposito della
Chiesa torinese e/o il vicario del vescovo e con alcuni canonici del capi-
tolo cattedrale al fine di «providere», in accordo con l’abate e i mona-
ci, «circa servicium ipsius ecclesie» e alla manutenzione delle strutture
edilizie del complesso abbaziale
92
. Insomma, il legislatore attribuisce un
rilevante valore cittadino al fatto che il monastero di San Solutore sia
servito in modo conveniente dal punto di vista liturgico e conservi un
aspetto esteriore decoroso, ossia che non corra alcun rischio di decade-
re religiosamente e materialmente; ma ciò, pur partendo dall’iniziativa
89
r. comba
,
Lo spazio vissuto: atteggiamenti mentali e «costruzione» del paesaggio urbano
, in
comba
e
roccia
(a cura di)
,
Torino fra Medioevo e Rinascimento
cit., pp. 33 sg.
90
Ibid.
, pp. 33 e nota 121.
91
BSSS, 138/2, pp. 4, 10, 57. Cfr.
barbero
,
La violenza organizzata
cit., pp. 400 sgg.
92
Gli Statuti di Torino
cit., p. 117 (rubr.: «De vissitatione facienda apud monasterium Sancti
Solutoris maioris»).