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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

Cuminis da Milano ottenne dal consiglio di credenza l’assicurazione che

nei due anni di durata della sua ferma nessuno avrebbe potuto insegna-

re la grammatica in città, a parte i preti e gli altri precettori privati che

istruivano i fanciulli («presbiteri vel alii docentes pueros»)

7

. Di queste

scuole, che funzionavano e si finanziavano in modo autonomo, in realtà

conosciamo assai poco. Esse dovevano godere tuttavia della tutela del-

le istituzioni cittadine, che saltuariamente e in via del tutto ecceziona-

le esprimevano una certa attenzione per il settore privato, anche di ma-

trice ecclesiastica, accordando un modesto sostegno economico a qual-

che prete insegnante, come il rettore della chiesa torinese di San Pietro,

il quale nel 1377 richiese e ottenne 5 fiorini «semel tantum et de gratia

speciali»; la sua scuola, frequentata da fanciulli che gratuitamente vi ap-

prendevano i rudimenti del sapere, era ritenuta senza dubbio un luogo

di formazione che forniva un servizio di una qualche utilità sociale

8

. La

municipalità torinese, anche quando concedeva al maestro pubblica-

mente retribuito il diritto al monopolio dell’insegnamento progredito,

delegava di fatto la formazione elementare a maestri liberi, lasciando co-

sì spazio ad un regime di concorrenza sottoposto alle regole del merca-

to, secondo una tendenza abbastanza diffusa durante tutto il Trecento.

Del resto all’epoca, anche in altre città dell’Italia centro-settentrionale,

gli organismi politici non esercitavano ancora un pieno controllo delle

istituzioni scolastiche, ma preferivano mantenere l’insegnamento pri-

mario nell’ambito del privato, tanto più nei centri maggiori, che gene-

ralmente «potevano meglio delegare i compiti e gli oneri della scolarità

ai privati, in grado di sostenere da soli il sistema»

9

; si tendeva perciò a

concentrare l’impegno finanziario e organizzativo nei confronti di un li-

vello di studi più avanzato, come per l’appunto la scuola di grammati-

ca, che era reputata indispensabile per le esigenze della collettività

10

. Ta-

le scelta dipendeva probabilmente dal fatto che in quel momento

all’istruzione primaria provvedeva in modo adeguato l’iniziativa priva-

ta; d’altra parte non era ancora così sentita l’esigenza di coinvolgere nel

progetto educativo fasce sempre più ampie della cittadinanza, esten-

7

ASCT,

Ordinati

, 10, f. 27

v

.

8

ASCT,

Ordinati

, 18, ff. 74

v

-75

v

, verbale del 15 febbraio 1377. Forse proprio la concorren-

za in campo scolastico poteva determinare una certa conflittualità tra preti e maestri di scuola lai-

ci, conflittualità documentata per il Trecento in alcuni centri della diocesi di Torino (cfr.

g. g. mer-

lo

,

Vita di chierici nel Trecento. Inchieste nella diocesi di Torino

, in «BSBS»,

lxxiii

[1975], p. 189).

9

ortalli

,

Scuole, maestri e istruzione di base

cit., p. 116.

10

g. petti balbi

,

Istituzioni cittadine e servizi scolastici nell’Italia centro-settentrionale tra

xiii

e

xv

secolo

, in

Città e servizi sociali nell’Italia dei secoli

xii

-

xv

(Atti del XII Convegno Internaziona-

le di studio a cura del Centro Italiano di studi di storia e d’arte, Pistoia 9-12 ottobre 1987), Pi-

stoia 1990, p. 47.