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Parte prima Declino economico ed equilibrio istituzionale (1280-1418)

Braerius

: «fabbricante di

braje

= brache»;

Obertus Pelizerius

:

plissè

«pel-

licciaio» e al femminile

Margarita Pelliceria

;

Nicoletus Pentenerius

: «fab-

bricante di

pento

= pettini» oppure, come il moderno

pentnor

, «petti-

natore di canapa, di lino o di lana»;

Johannonus Marcerius

:

marssè

«mer-

ciaio» forse quello ambulante;

Johannes Brunerius

: «lucidatore di

metalli», da rapportarsi al verbo

brunì

o

burnì

;

Marinerius Tornerius

:

«lavorante al

torn

= tornio» e anche «addetto al verricello»;

Oddone-

tus Peagerius

: «esattore del

piagi

= pedaggio»;

Bertinus Barberius

:

barbè

«barbiere e flebotomo», poiché queste due attività erano a quel tempo

connesse.

Con altro suffisso ovvero con altra terminazione sono:

Bertholomeus

Castagninus

:

castagnin

«chi vende castagne cotte», sia arrostite sia lesse;

Perinus Taborninus

:

tabornin

variante di

tanbornin

«tamburino» ma an-

che «piccolo tamburo».

Sono da composti verbali:

Peronetus Portavinus

: «trasportatore di vi-

no»;

Malanus dictus Passaleva

, cui corrisponde il moderno Passalacqua,

«traghettatore», ove troviamo, con l’articolo determinativo, il termine

eva

che è l’esito volgare, del tutto normale, del latino

aqua

.

L’articolo, che abbiamo incontrato già prima in apposizione

la Pola-

stra

, compare nelle determinazioni:

Peronus de la Ruà de Baldisseto

;

Johan-

nes de la Clusa

;

Anthonius de la Frayta

;

Jacometus de la Zapella

.

Nelle dichiarazioni di diritti e di redditi si trova

ayvayum

come for-

ma volgarizzata di

aquagium

«diritto di derivazione d’acqua»; tra i pos-

sedimenti è denunciata una

domus cum

[

]

zardineto

; tra gli animali pos-

seduti

una manzeta

.

Il volgare in uso si manifesta dunque anche in questo elenco antro-

ponomastico ufficiale e nei suoi annessi nei valori significativi propri,

nei tratti fonetici che le grafie sicuramente denunciano – ma non stia-

mo qui ancora una volta a rilevarli –, infine nel dato morfosintattico

dell’articolo determinativo.

Altri documenti latini potrebbero essere sottoposti a questo tipo di

indagine, con risultati non dissimili.

Ci vogliamo però ora occupare dell’unico testo che di questo perio-

do di tempo conosciamo redatto completamente in volgare.

Nel volume che contiene gli

Ordinati

torinesi, ossia i verbali delle de-

liberazioni della maggior credenza cioè del consiglio comunale della città,

relativi all’anno 1410, della stessa mano che ha vergato il resoconto del-

la seduta di venerdì 7 novembre e che ha poi steso quello della seguen-

te di martedì 11 dello stesso mese, sta di mezzo, nel «verso» della car-

ta 138 che occupa intieramente, un componimento poetico in volgare,

mentre i verbali predetti sono, secondo la norma, in latino.