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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
guere con sempre maggior precisione fra quella cerchia e il «Consilium
cum domino residens» inteso in senso tecnico, l’organismo cioè che era
a un tempo il vertice amministrativo e il supremo tribunale d’appello
del ducato, costituito non da ecclesiastici e magnati ma da un persona-
le di formazione giuridica, operante a tempo pieno al servizio del duca
e regolarmente stipendiato. Era questo personale ad avvertire più acu-
tamente la necessità di rinnovare la propria prassi amministrativa dan-
do vita ad un organismo stanziale, e furono i suoi orientamenti a de-
terminare il salto di qualità nella posizione di Torino all’interno dello
stato. A partire dal 1518, presidenti, collaterali e avvocati fiscali del
Consiglio «cum domino residens» cominciarono a risiedere stabilmen-
te a Torino, operando in stretta collaborazione con i colleghi del Con-
siglio cismontano e mantenendo i contatti col duca, quando questi si
trovava lontano, soltanto attraverso una fitta corrispondenza.
Tutto lascia pensare che nell’intento del duca dovesse trattarsi di una
decisione provvisoria e forse non sufficientemente meditata, ma la dif-
ficoltà di smuovere da Torino l’apparato burocratico una volta che esso
ebbe cominciato a mettervi radici doveva concorrere a renderla presso-
ché definitiva: a partire dal 1518 Torino divenne quindi di fatto la ca-
pitale amministrativa e giudiziaria dell’intero ducato. Ben presto, d’al-
tronde, Carlo fu costretto a rendersi conto che neppure queste misure
erano sufficienti a evitare il rischio di un vuoto di potere nei suoi do-
mini italiani. La guerra che infuriava in Italia tra Francesi e Spagnoli
rendeva infatti più che mai cruciale la posizione del Piemonte all’inter-
no dello stato; e sebbene il duca fosse ancor sempre costretto dalla que-
stione ginevrina, ora complicata dai progressi inquietanti della Riforma
e dalla crescente arroganza dei cantoni svizzeri, a trattenersi per lunghi
periodi oltre i monti, il Consiglio da solo rischiava di non essere in gra-
do di governare con sufficiente autorità. Nei primi mesi del 1524 ma-
turò perciò alla corte sabauda la decisione di insediare a Torino, in as-
senza del duca, la duchessa Beatrice, conferendole poteri paragonabili
a quelli di un reggente e mettendo a sua disposizione il cancelliere e il
«Consilium cum domino residens» al completo. Giunta a Torino nel giu-
gno 1524, Beatrice vi trascorse diversi anni, governando in nome del
duca quando questi era assente, e restando al suo fianco quando anch’egli
scendeva in Italia.
Sebbene la disomogeneità di fondo dei domini sabaudi fosse allora
più che mai evidente, costringendo il duca a spostarsi ancor più affan-
nosamente che in passato da un versante all’altro delle Alpi, è insomma
chiaro che se prima della catastrofe del 1536 un centro stava emergen-
do all’interno dello stato quel centro non poteva essere che Torino. Pre-