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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

turo seguire il duca nei suoi spostamenti, «quoniam ex plurimorum sub-

ditorum nostrorum querellis, etiam ipsa rerum experientia, cognovimus

absentiam Consilii nobiscum residentis subditis nostris et nobis ipsis es-

se damnosam»

35

. Tanto in quell’occasione quanto in quelle precedenti,

tuttavia, i propositi del duca rimasero sulla carta: il cancelliere e qual-

cuno dei collaterali comparvero a più riprese a fianco del duca in Savoia,

ma si trattò sempre di soggiorni di breve durata, eccettuati i quali il Con-

siglio che paradossalmente persisteva a intitolarsi «cum domino resi-

dens» continuò fino al 1536 a risiedere stabilmente a Torino.

Tutto lascia pensare d’altronde che il volume degli affari ammini-

strativi e giudiziari da trattare nelle province cismontane, più ricche e

fors’anche più popolate delle savoiarde, superasse ormai di gran lunga

quello suscitato da queste ultime. L’espansione del personale burocrati-

co che contraddistinse il regno di Carlo II interessò infatti l’apparato

amministrativo e giudiziario dislocato a Torino assai più che non quel-

lo insediato a Chambéry: i due consigli di giustizia operanti a Torino ne-

gli ultimi anni prima della catastrofe del 1536, il Consiglio cismontano

e il Consiglio «cum domino residens», giunsero a impiegare nel com-

plesso quattro presidenti, dodici collaterali e quattro avvocati fiscali,

mentre l’organico del Consiglio di Chambéry era limitato a un presi-

dente, quattro collaterali e un avvocato. Questa moltiplicazione degli

uffici generava una richiesta crescente di personale specializzato cui sol-

tanto Torino, in quanto sede dello Studio, poteva far fronte. Presiden-

ti e collaterali non solo del Consiglio cismontano, ma anche di quello

«cum domino» erano ormai esclusivamente piemontesi, e in parte lo era-

no anche quelli del Consiglio di Chambéry, ciò che non mancò di su-

scitare le vane proteste dei Tre Stati savoiardi

36

.

Certo, il riequilibrio dell’apparato amministrativo del ducato a van-

taggio delle province piemontesi non si poteva ancora considerare con-

cluso. La Camera dei Conti, servita prevalentemente da personale sa-

voiardo, continuava a fare la sua residenza a Chambéry, sebbene pro-

prio nel 1530 i Piemontesi avessero suggerito la costituzione di una

seconda Camera per il Piemonte e il duca non si fosse dimostrato in li-

nea di principio contrario al provvedimento; quanto alla Segreteria du-

cale, composta in pari misura di personale savoiardo e piemontese, es-

sa conservava ancor sempre il tradizionale carattere itinerante, spo-

standosi regolarmente insieme al duca. Nel complesso, tuttavia, appare

35

p. g. patriarca

,

La riforma legislativa di Carlo II di Savoia. Un tentativo di consolidazione agli

albori dello stato moderno

, Torino 1988 (BSS, 203), p. 12.

36

Cfr.

barbero

,

Savoiardi e Piemontesi nel ducato sabaudo

cit., pp. 626-28.