

416
Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
turo seguire il duca nei suoi spostamenti, «quoniam ex plurimorum sub-
ditorum nostrorum querellis, etiam ipsa rerum experientia, cognovimus
absentiam Consilii nobiscum residentis subditis nostris et nobis ipsis es-
se damnosam»
35
. Tanto in quell’occasione quanto in quelle precedenti,
tuttavia, i propositi del duca rimasero sulla carta: il cancelliere e qual-
cuno dei collaterali comparvero a più riprese a fianco del duca in Savoia,
ma si trattò sempre di soggiorni di breve durata, eccettuati i quali il Con-
siglio che paradossalmente persisteva a intitolarsi «cum domino resi-
dens» continuò fino al 1536 a risiedere stabilmente a Torino.
Tutto lascia pensare d’altronde che il volume degli affari ammini-
strativi e giudiziari da trattare nelle province cismontane, più ricche e
fors’anche più popolate delle savoiarde, superasse ormai di gran lunga
quello suscitato da queste ultime. L’espansione del personale burocrati-
co che contraddistinse il regno di Carlo II interessò infatti l’apparato
amministrativo e giudiziario dislocato a Torino assai più che non quel-
lo insediato a Chambéry: i due consigli di giustizia operanti a Torino ne-
gli ultimi anni prima della catastrofe del 1536, il Consiglio cismontano
e il Consiglio «cum domino residens», giunsero a impiegare nel com-
plesso quattro presidenti, dodici collaterali e quattro avvocati fiscali,
mentre l’organico del Consiglio di Chambéry era limitato a un presi-
dente, quattro collaterali e un avvocato. Questa moltiplicazione degli
uffici generava una richiesta crescente di personale specializzato cui sol-
tanto Torino, in quanto sede dello Studio, poteva far fronte. Presiden-
ti e collaterali non solo del Consiglio cismontano, ma anche di quello
«cum domino» erano ormai esclusivamente piemontesi, e in parte lo era-
no anche quelli del Consiglio di Chambéry, ciò che non mancò di su-
scitare le vane proteste dei Tre Stati savoiardi
36
.
Certo, il riequilibrio dell’apparato amministrativo del ducato a van-
taggio delle province piemontesi non si poteva ancora considerare con-
cluso. La Camera dei Conti, servita prevalentemente da personale sa-
voiardo, continuava a fare la sua residenza a Chambéry, sebbene pro-
prio nel 1530 i Piemontesi avessero suggerito la costituzione di una
seconda Camera per il Piemonte e il duca non si fosse dimostrato in li-
nea di principio contrario al provvedimento; quanto alla Segreteria du-
cale, composta in pari misura di personale savoiardo e piemontese, es-
sa conservava ancor sempre il tradizionale carattere itinerante, spo-
standosi regolarmente insieme al duca. Nel complesso, tuttavia, appare
35
p. g. patriarca
,
La riforma legislativa di Carlo II di Savoia. Un tentativo di consolidazione agli
albori dello stato moderno
, Torino 1988 (BSS, 203), p. 12.
36
Cfr.
barbero
,
Savoiardi e Piemontesi nel ducato sabaudo
cit., pp. 626-28.