Table of Contents Table of Contents
Previous Page  426 / 852 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 426 / 852 Next Page
Page Background

sa da Carlo sulla spinta di esigenze contingenti, la decisione di insediarvi

dapprima il «Consilium cum domino residens» e in seguito la duchessa

si sarebbe rivelata coerente con i nuovi equilibri interni del ducato, tan-

to da sopravvivere, dopo una breve incertezza, anche al desiderio del

duca di porre fine a un’esperienza di cui egli stesso non sembra aver ap-

prezzato pienamente la portata. Quando nel giugno 1526 Carlo, rite-

nendo che l’emergenza in Piemonte fosse ormai conclusa, invitò Bea-

trice a raggiungerlo a Chambéry, la duchessa obiettò che la sua presen-

za di qua dai monti era ancor sempre necessaria, e si trattenne ancora

per qualche tempo a Torino; è vero che in seguito all’insistenza del du-

ca essa finì per obbedire e per circa tre anni accompagnò il marito nei

suoi spostamenti, tornando in Piemonte soltanto quando anch’egli de-

cideva di soggiornarvi, ma nel 1529 la necessità di insediare in perma-

nenza di qua dai monti, se non il duca stesso, almeno un suo rappre-

sentante al massimo livello qual era appunto, e quale solo poteva esse-

re, la duchessa prevalse definitivamente, e Beatrice tornò a Torino, dove

sarebbe rimasta quasi ininterrottamente fino al 1536.

Quanto al «Consilium cum domino residens», la sua prolungata as-

senza non aveva tardato a suscitare le proteste dei sudditi savoiardi, che

a più riprese, nel 1522 e nuovamente nel 1527, si lamentarono col du-

ca delle spese affrontate da chi, per rivolgersi al tribunale supremo del

ducato, era costretto a passare le montagne e recarsi a Torino. In en-

trambi i casi i Tre Stati transalpini si guardarono bene dal suggerire che

il Consiglio riprendesse, come in passato, a spostarsi insieme al duca e

alla corte, ma richiesero che esso risiedesse ad anni o semestri alterni da

una parte e dall’altra delle Alpi; segno che i delegati savoiardi percepi-

vano perfettamente il declino della propria influenza rispetto a quella

piemontese, ed erano pronti a salutare con favore una misura che ri-

partisse su base di parità i soggiorni del Consiglio. Il duca peraltro, dan-

do prova di una visione decisamente conservatrice dell’amministrazio-

ne del suo stato, diede loro ragione solo in parte, riconoscendo l’inco-

modo provocato dalla troppo prolungata permanenza del Consiglio a

Torino, ma promettendo di ricondurlo al consueto

modus operandi

iti-

nerante

34

.

Che quelle promesse fossero sincere è confermato dalla riforma le-

gislativa intrapresa da Carlo pochi anni più tardi, in cui venne ufficial-

mente stabilito che il cancelliere e i «senatores» avrebbero dovuto in fu-

Torino e le comunità del Piemonte nel nuovo assetto del ducato sabaudo

415

34

Cfr.

barbero

,

Savoiardi e Piemontesi nel ducato sabaudo

cit., pp. 620 sg.;

tallone

,

Parla-

mento sabaudo

cit., IX, pp. 570-75, 594;

marini

,

Savoiardi e piemontesi nel ducato sabaudo

cit.,

pp. 360 sg., 370 sg.