

il 16 novembre 1497 alle esequie del padre, si era precipitato da Cham-
béry a Torino, dove fece il suo ingresso già il 28 dello stesso mese, di-
mostra una piena consapevolezza della centralità che la città tendeva or-
mai ad assumere non più soltanto nei confronti dei domini cismontani,
ma nella vita dell’intero ducato, in cui la prevalenza della pianura sulla
montagna, e dei paesi di lingua italiana su quelli di lingua francese, era
sempre più manifesta. Un riflesso di tale nuovo stato di cose sulla vita
amministrativa dello stato è probabilmente la decisione presa da Fili-
berto nel 1499 di costituire a Torino un nuovo Consiglio per il governo
delle province piemontesi, in cui doveva confluire il personale del Con-
siglio cismontano, ma che sarebbe stato presieduto dal cancelliere, po-
nendosi quindi su un livello gerarchicamente superiore. Il duca avverti-
va evidentemente l’esigenza di lasciarsi alle spalle, durante le sue assenze
dal Piemonte, un organismo capace di governare la regione «prout nos
ipse faceremus et facere possemus si praesentes et personaliter adesse-
mus», con maggiore autorità di quella spettante al Consiglio cismonta-
no. Quell’esperimento non ebbe poi seguito, ma esso indica nondime-
no assai chiaramente come la subordinazione gerarchica delle province
cismontane a quelle transalpine apparisse già alla fine del Quattrocento
sempre meno accettabile, secondo una tendenza che sarebbe giunta a
piena maturazione negli anni successivi
31
.
Anche in questo periodo, come già era accaduto in passato, le fortu-
ne di Torino non dipesero se non in minima parte dalle inclinazioni per-
sonali e dagli itinerari favoriti dei duchi. Se anzi dovessimo fondare le
nostre impressioni soltanto su questo dato, potremmo essere indotti a
ritenere che sotto il governo di Filiberto II, e ancor più sotto quello del
fratello Carlo II, che gli successe nel settembre 1504, il primato di To-
rino, pur senza subire più alcuna diminuzione, neppure abbia conosciu-
to ulteriori progressi. Nel corso di quasi sette anni di regno Filiberto
non trascorse a Torino più di un quinto del suo tempo, e anche il suo
successore, nonostante la volontà dichiarata di risiedere di preferenza
in Piemonte, «pour le plaisir qu’il prend en ses pays de pardeca, tant
plains et peuplés sont ilz de gens de bien et bons subgetz», vi trascorse
in realtà meno di metà del suo tempo, almeno prima della catastrofe del
1536; senza contare che anche trovandosi di qua dai monti preferì spes-
so a Torino altre località come Ivrea, Carignano o Vigone
32
.
Torino e le comunità del Piemonte nel nuovo assetto del ducato sabaudo
411
31
soffietti
,
Verbali del «Consilium cum domino residens»
cit., p.
xxvi
.
32
Per le dichiarazioni di Carlo II, del 1509, cfr.
tallone
,
Parlamento sabaudo
cit., VI, p. 234,
e
marini
,
Savoiardi e piemontesi nel ducato sabaudo
cit., p. 334. Per il suo itinerario dal 1504 al
1536, e in generale per tutte le questioni affrontate in queste pagine, cfr.
a. barbero
,
Savoiardi e