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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
Consiglio, sotto queste pressioni concentriche, cedettero, e la sera fe-
cero avvertire gli ambasciatori di aver rinunciato a lasciare Vercelli.
L’impegno profuso dagli oratori sforzeschi per impedire a Iolanda di
recarsi a Torino lascia intuire quanto vitale fosse giudicata la questione
alla corte di Milano, come conferma la missiva che essi inviarono la se-
ra stessa allo Sforza: «per la gratia de Dio habiamo facta revocare l’an-
data de Turino per la quale veramente sariano accaduti molti scandali
et inconvenienti». La determinazione di Iolanda di lasciare Vercelli per
Torino era tuttavia pari a quella milanese di trattenerla; e finì per pre-
valere l’anno successivo, quando la reggente, dopo una riunione prima-
verile degli Stati tenuta a Vercelli, ritenne giunto il momento di ricor-
dare nuovamente allo Sforza il suo voto alla Consolata. Questa volta Io-
landa senza aspettare risposta partì per Torino, dove immediatamente
convocò una nuova riunione dei Tre Stati e dove si trattenne parecchi
mesi, benché lo Sforza le avesse fatto suggerire per tempo «che seria
molto bene sua signoria se reducesse in questi lochi del stato suo più
proximi ad noi, in Vercelli, Moncravello, o tra Torino et Vercelli, como
più piacesse ad sua signoria»
27
.
I condizionamenti che, come in questo caso, gravavano pesantemen-
te sull’operato dei duchi contribuiscono a spiegare perché Torino, nono-
stante il suo indiscusso primato politico e amministrativo, abbia conti-
nuato a lungo a non costituire la loro residenza favorita. Certo bisognerà
mettere nel conto anche le residue ambizioni pinerolesi, che portavano
la città, memore del suo passato, a definirsi ancora nel 1483 «camera prin-
cipum et ducum Sabaudie»
28
; a quella data, tuttavia, il legame privile-
giato fra Pinerolo e la corte era veramente soltanto un ricordo, poiché,
se Iolanda e Amedeo IX vi avevano soggiornato a lungo nei loro primi
anni in Piemonte, il loro successore Filiberto non vi aveva probabilmen-
te mai messo piede, e anche Carlo I vi si era trattenuto solo occasional-
mente, sebbene proprio a Pinerolo dovesse essere colto dalla morte; né
vi metterà più piede Bianca, dopo i funerali del marito, né Filippo Sen-
za Terra durante il suo breve regno, né Filiberto II durante il suo. In mi-
sura forse maggiore converrà mettere nel conto la permanenza presso i
duchi sabaudi di un modello di vita e di governo che imponeva al prin-
cipe continui spostamenti all’interno dei suoi stati, impedendogli di fis-
sare stabilmente la sua residenza; un modello che affiora con particolare
27
Ibid
., IV, pp. 11 sgg., 417 sgg.;
gabotto
,
Lo stato sabaudo da Amedeo VIII ad Emanuele Fi-
liberto
cit., II, pp. 99-109;
m. c. daviso di charvensod
,
La duchessa Iolanda (1434-1478)
, Torino
1935, pp. 104, 118-19.
28
tallone
,
Parlamento sabaudo
cit., IX, p. 378.