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si sarebbe tenuta quanto prima, «rispose “porria essere”, et non disse

però de volerli fare», e in effetti pare proprio che per il momento la riu-

nione sia stata aggiornata, evitando così di convocarla in una sede di-

versa da quella ormai tradizionale.

Nella primavera successiva la morte del duca, avvenuta il 30 marzo

1472, rese ancora più improrogabile la convocazione dei Tre Stati, ma

questa volta Iolanda, resa accorta dall’esperienza precedente, non vi fe-

ce cenno con gli ambasciatori e si limitò a far sapere che quanto prima

sarebbe partita per Torino per adempiere il voto di una novena alla Con-

solata; spiazzato, Galeazzo Maria scriveva perciò all’Appiani che «poy

che quella i. madama è deliberata de andare ad Turino compir lo voto,

ne pare ch’el non sii de devetarlo, ma volemo che vadi continuamente

con sua signoria, né te parti per cosa del mondo» – ciò che non gli im-

pediva di aggiungere, prevedendo le reali intenzioni di Iolanda, istru-

zioni specifiche per l’ambasciatore «accadendo che se faciano li Tri Sta-

ti». L’Appiani del resto conosceva il suo mestiere a sufficienza per an-

dar oltre le istruzioni ricevute, e si affrettò a far presenti alla reggente

le controindicazioni del viaggio a Torino: in caso di pericolo, «que pro-

visione faria trovandose a Turino lontana dal soccorso et favore del du-

ca di Milano?» Iolanda apparentemente si rassegnò e già pochi giorni

dopo, il 2 aprile 1472, l’ambasciatore poteva informare lietamente il suo

padrone «come questa i. madama in tutto vole privarse de li suoi ordi-

ni presi de andare a Turino, per adherirse et sequire li pareri et consilii

de vostra signoria, et vole dimorare qui, et li Tri Stati se faranno veni-

re a Vercelli».

La soddisfazione dell’Appiani era tuttavia prematura, poiché il mat-

tino successivo la duchessa faceva inopinatamente annunciare agli am-

basciatori milanesi, nell’osteria dove dimoravano, di aver «determina-

to zobia proxima che vene andare ad Turino». Iolanda giustificava l’im-

provviso mutamento di propositi sottolineando che per la sua posizione

geografica soltanto Torino poteva costituire il centro politico dei suoi

domini, secondo una tradizione ormai consolidata e che non conveniva

scavalcare: «perché Turino era nel mezo del dominio suo et era più co-

modità ad li soi zentilhomini et subditi per venire ad zurare la fidelità,

et anche per exhaltatione et conforto de sua signoria». Malcontenti, i

Milanesi misero immediatamente in atto tutte le loro arti per «fare rom-

pere questa andata di madama ad Turino», e mentre alcuni di loro pren-

devano da parte i membri più influenti del Consiglio ducale, l’Appiani

in persona si recava «in castello» dalla reggente raccomandandole «non

andasse a Turino per modo veruno», e insinuando che «chi li consci-

gliava andare a Turino l’ingannava et tradiva»: tanto che Iolanda e il

Torino e le comunità del Piemonte nel nuovo assetto del ducato sabaudo

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