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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)

Un inequivocabile successo costituirono altresì per Torino l’allarga-

mento delle competenze delegate dal duca al Consiglio che risiedeva fra

le sue mura, e l’obbligo fatto alle altre città di contribuire in buona par-

te alla somma sborsata a questo scopo: d’ora in poi, contro le sentenze

che da ogni parte del Piemonte i sudditi del duca venivano a sentir pro-

nunciare a Torino non vi sarebbe più stata possibilità d’appello, e sa-

rebbero stati proprio quei sudditi a pagare le spese per tale dubbio pri-

vilegio. Per Moncalieri e per le altre comunità questo significava ag-

giungere al danno le beffe, e non è certo un caso che la loro reazione alle

concessioni ducali sia stata nel complesso piuttosto negativa. Sia città

fra le più cospicue come Savigliano o Vercelli sia centri minori, e fra

questi quasi tutte le comunità della «terra vetus», opposero reiterati in-

dugi alla richiesta di pagamento, dichiarando di non essere state con-

sultate al momento di richiedere quel privilegio così costoso e, quel ch’è

peggio, di non volerne sapere, poiché esso non appariva loro affatto co-

me un vantaggio, «ymo pocius incomodum et grande detrimentum»; e

finirono o per pagare, ma solo dopo essersi fatte sostanzialmente ridur-

re il contributo, o addirittura per farsi esentare ufficialmente dall’ap-

plicazione delle nuove disposizioni, così che i loro cittadini conservaro-

no la facoltà di appellarsi oltralpe contro le sentenze del Consiglio ci-

smontano. Appare difficile, quindi, non concordare con le conclusioni

del Marini, secondo cui le nuove prerogative attribuite dal duca al Con-

siglio significavano in realtà «il predominio assoluto di Torino sull’in-

tera patria piemontese». Aggiunge il Marini che «a quel punto quasi nes-

suno intendeva arrivare»: sennonché proprio a questo si giunse, e che

tale sia stato l’esito di una vicenda che per Torino si era aperta sotto ben

più minacciosi auspici si può spiegare solo accettando un deliberato pro-

posito, da parte del duca, di consolidare il primato torinese nella regio-

ne

22

. Che poi il duca, dopo l’agosto 1459, abbia trascorso altri due anni

in Piemonte senza quasi più metter piede in città, spostandosi fra Pine-

rolo, Chieri, Moncalieri, Carignano, non fa se non confermare che la

centralità di Torino poteva ormai prescindere dai gusti personali del

principe e perfino dalla capacità della città di offrire alla corte una resi-

denza adeguata, per fondarsi esclusivamente su una vocazione ammini-

strativa e burocratica che col passare degli anni appariva sempre più im-

pensabile scalzare.

22

Su tutta questa vicenda cfr.

marini

,

Savoiardi e piemontesi nel ducato sabaudo

cit., pp. 94-

108, le cui conclusioni abbiamo largamente ripreso. Anche per i successivi spostamenti del duca,

di cui fra breve nel testo, cfr.

ibid.

, p. 106.