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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
tano sarebbe stato trasferito a Moncalieri se la comunità torinese non
avesse sborsato a sua volta 1200 fiorini, e la credenza, pur rilevando
che la somma era superiore rispetto ai 1000 che si era deciso di stan-
ziare, si dichiarava pronta ad accettare tali condizioni. Di lì a qualche
giorno tuttavia Ludovico rilanciava: il 22 gennaio la somma da pagare
per la conservazione del Consiglio a Torino era salita a 1600 fiorini,
«alias illud removebit», e la credenza ancora una volta si piegava. Per
oltre un mese non abbiamo più notizie delle trattative, che tuttavia deb-
bono essere proseguite in segreto, poiché quando, il 28 febbraio, la cre-
denza torinese tornò a discutere della questione, la posta in gioco si era
ulteriormente elevata: si parlava ormai di coinvolgere le altre comunità
piemontesi per poter mettere insieme la somma necessaria ad ottenere
le concessioni fatte balenare dal duca in una sua nuova proposta, quel-
la stessa, evidentemente, che sarebbe stata ratificata appena due setti-
mane più tardi. Secondo tale proposta, il duca non solo avrebbe lascia-
to immutata la sede del Consiglio cismontano, ma ne avrebbe allargato
le attribuzioni, abolendo il diritto di appello contro le sue sentenze, co-
sì da parificarlo a tutti gli effetti al Consiglio di Chambéry. In cambio,
tuttavia, Ludovico non si sarebbe accontentato di 1600 fiorini né dei
2000 che Torino si dichiarava disposta a sborsare, ma ne esigeva ben
5000: di qui la necessità di coinvolgere nella transazione le altre comu-
nità, destinate a beneficiare al pari di Torino dei nuovi privilegi accor-
dati al Consiglio.
Sebbene il silenzio delle fonti nel periodo tra il 22 gennaio e il 28
febbraio ci impedisca di cogliere nel vivo i meccanismi della trattativa,
è evidente che a questo punto i negoziatori torinesi e quelli del duca
procedevano di comune accordo nell’elaborazione di una bozza egual-
mente vantaggiosa per entrambe le parti: il 10 marzo infatti, cinque
giorni prima che Ludovico proclamasse ufficialmente la sua decisione,
nel consiglio comunale torinese già si discuteva delle modalità di paga-
mento dei 5000 fiorini, facendo riferimento alla «minuta concordata
cum prelibato i. d. nostro et dicto eius consilio». Le patenti pubblica-
te dal duca il 15 marzo sancivano l’esito inequivocabilmente favorevo-
le a Torino dell’intera vicenda: in esse, Ludovico revocava le lettere
concesse pochi mesi prima agli abitanti di Moncalieri, senza peraltro
far parola dei 1200 fiorini già sborsati da quella comunità e che non ri-
sulta siano mai stati restituiti; sottoscriveva integralmente alle ragioni
dei Torinesi circa l’inopportunità di sottrarre alla loro città la sede del
Consiglio cismontano, decretando che in futuro non solo quest’ultimo,
ma ogni organo di governo attivo in nome del duca di qua dai monti,
«sive sub nomine aut titulo consilii sive capitanei sive locumtenentis