

piemontesi, accumulando un’esperienza politica e amministrativa che
si sarebbe rivelata preziosa negli anni difficili del secondo Quattro-
cento.
Sbaglierebbe tuttavia chi pensasse che nei lunghi anni dell’assenza
del duca le comunità piemontesi si fossero ormai rassegnate a essere go-
vernate da Torino. La loro insofferenza era destinata, al contrario, a
manifestarsi in forma clamorosa proprio in occasione dell’ultimo sog-
giorno di Ludovico; e i sintomi del suo maturare erano stati avvertiti
già negli anni precedenti. Rivelatrice appare ad esempio l’unità d’in-
tenti con cui le maggiori città pedemontane seppero fissare una linea
d’azione comune nella richiesta della perequazione fiscale, così da co-
stringere i Torinesi a pagare in proporzione ai vantaggi che avevano ac-
quisito. Pressioni in tal senso si erano manifestate da parte di Pinerolo
e Moncalieri fin dal 1453-54, ma fu necessario attendere la richiesta di
un nuovo sussidio da parte del duca, nel 1457, perché esse trovassero
ascolto: nel maggio di quell’anno il Consiglio cismontano nominava due
notai per procedere a una nuova ripartizione dei carichi d’imposta e af-
fiancava loro quattro deputati rispettivamente di Pinerolo, Savigliano,
Moncalieri e Carignano, segno evidente, come osserva il Marini, del fat-
to che era proprio Torino a essere più direttamente presa di mira dal
provvedimento. E infatti di lì a poco nel consiglio comunale torinese si
protestava vivacemente contro la perequazione progettata dai due com-
missari, «ad instanciam comunitatum patrie contra comunitatem Tau-
rini ut dicitur impetratos, qui compellere videntur comunitatem ad exhi-
bendum registra, absque eo quod ipsa comunitas sciverit vel sciat con-
tinenciam registrorum aliorum bonorum patrie». Si rifiutava, in altri
termini, di rendere pubblici i registri catastali che testimoniavano del-
la crescente ricchezza dei Torinesi, a meno di non poter prendere vi-
sione a propria volta dei registri delle altre comunità, così da evitare il
rischio di un trattamento non equo. Ogni protesta era tuttavia vana e
il 17 dicembre era ufficialmente fissato il nuovo tasso dei contributi,
che elevava la parte di Torino a 112 fiorini per mille, adducendo, come
abbiamo già ricordato nelle pagine introduttive, l’«augmentacione et
bonificatione ac melioratione» della città; mentre veniva abbassato in
modo assai netto il tasso di Pinerolo e in minor misura quelli di Savi-
gliano e Moncalieri. E sebbene Torino abbia continuato in realtà negli
anni successivi a pagare «secundum taxam anticham» e sia riuscita di lì
a non molto, nel marzo 1460, a far approvare una nuova perequazione,
che ne abbassava il tasso a 103 fiorini per mille, la vicenda, pur con-
fermando la prevalenza ormai raggiunta dalla città fra le comunità pie-
montesi, è un chiaro indizio del risentimento covato nei suoi confron-
Torino e le comunità del Piemonte nel nuovo assetto del ducato sabaudo
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