

vel etiam gubernatoris aut alio quocumque vocabulo», avrebbe avuto
sede perpetua a Torino; infine aboliva, secondo i patti, ogni diritto
d’appello contro le sentenze del Consiglio cismontano, salvo l’appello
personalmente rivolto al duca
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.
Un bilancio della vicenda non è difficile da tracciare. Il trasferi-
mento del Consiglio era avvenuto soltanto sulla carta, poiché, sebbe-
ne il 10 marzo la credenza torinese si sia felicitata della promessa del
duca di «reducere et restituere» alla città il «Consilium suum citra mon-
tes in Montecalerio translatum et noviter restitutum», già ai primi di
gennaio, subito dopo aver firmato le concessioni a favore di Monca-
lieri, Ludovico aveva cominciato a trattarne con i Torinesi la revoca,
alludendo al trasferimento soltanto come a un’ipotesi futura, destina-
ta a restare tale se il negoziato fosse andato a buon fine. Né andrà di-
menticato che in quei mesi, come in tutto il periodo del soggiorno pie-
montese del duca, il Consiglio cismontano aveva cessato di funziona-
re autonomamente, soppiantato o meglio assorbito dal Consiglio «cum
domino residens». La conclusione della vicenda, tuttavia, non lascia-
va le cose come prima. Il duca guadagnava senza colpo ferire 5000 fio-
rini, in cambio di concessioni che non gli costavano nulla. Torino ve-
deva ribadito al di là di ogni dubbio il proprio primato e aveva la sod-
disfazione di sentirsi definire dal duca, nel testo che d’altronde i
negoziatori torinesi avevano contribuito a preparare, «nostre dignita-
ti longe magis honorificam propitiamque et capacem ac ipsi toti patrie
commodam et utilem», oltre ad essere ufficialmente esaltata come su-
periore in ogni aspetto alla rivale Moncalieri, «tam respectu Studii doc-
torumque, causidicorum, artificum, hospitum, mercimoniorum et vic-
tualium […] ibidem quam in Montechalerio abundantius existentium
et iugiter affluentium, quam etiam difficultate transitus Padi tempore
inundationis aquarum, quo et homines et naves plerumque reperti di-
cuntur submersi»: un’annotazione, quest’ultima, che rivela come no-
nostante la vicinanza fra le due città la collocazione geografica di Mon-
calieri risultasse in realtà, dal punto di vista delle comunicazioni, assai
meno felice di quella di Torino. Completava l’umiliazione dei Monca-
lieresi la dichiarazione, rilasciata dal duca nella stessa occasione, se-
condo cui il proposito di trasferire il Consiglio cismontano era stato
suscitato «per quosdam, privatam forte publice preponentes utilitatem
suam», e si era rivelato di gravissimo pregiudizio per gli interessi del-
lo stato.
Torino e le comunità del Piemonte nel nuovo assetto del ducato sabaudo
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Ibid
., IV, pp. 38-42.