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Parte seconda La preminenza sulle comunità del Piemonte (1418-1536)
tese questi sviluppi fossero calorosamente incoraggiati e che anzi non si
perdesse occasione per tentar di conferire loro un riconoscimento isti-
tuzionale: così all’indomani della morte di Iolanda, nel 1478, trovan-
dosi il duchino Filiberto presso la corte di Francia, ambasciatori dei Tre
Stati vennero inviati a Luigi XI per supplicarlo di voler disporre «che
staga et habitea esso ducha in la citade de Thaurino», e nuovamente nel
1481, trovandosi il duca da troppo tempo oltralpe, i Tre Stati piemon-
tesi si riunirono «ad fine di fare deliberatione che la residentia del du-
ca signor suo habia ad essere
omnino
ad Taurino». Sebbene fossero an-
cora lontani i tempi in cui Carlo II avrebbe dato soddisfazione a queste
richieste, dichiarando la sua volontà di risiedere di preferenza nella par-
te cismontana dei suoi domini, quell’idea era evidentemente ben viva
già nell’ultimo quarto del Quattrocento
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.
La centralità torinese cominciava insomma ad assumere un signifi-
cato politico anche nel quadro della concorrenza, all’interno dello sta-
to, fra i paesi savoiardi e quelli piemontesi, tutt’altro che concordi di
fronte alla prospettiva di una Torino proiettata verso il ruolo di centro
politico dell’intero ducato. Né la questione appariva indifferente sotto
il profilo della politica estera, a giudicare dall’insistenza con cui gli am-
basciatori sforzeschi premettero su Iolanda per indurla a fissare la resi-
denza della corte e le convocazioni dei Tre Stati a Vercelli piuttosto che
a Torino, in pegno tangibile dei suoi dichiarati orientamenti filomila-
nesi. Il problema venne alla luce per la prima volta nel 1471, quando
Iolanda, passata in Italia in seguito alla seconda ribellione di Filippo
Senza Terra e incontratasi col duca di Milano appunto a Vercelli, si ac-
cingeva a tornare a Torino per riunirvi, come di consueto, i Tre Stati.
Allora, il 29 ottobre, Galeazzo Maria Sforza scriveva al suo ambascia-
tore Appiani: «Intendemo che quella i. madama vole fare li Tri Stati et
pare che la se deliberi de fareli ad Turino, donde che volemo che tu sii
con essa madama et li conforti et persuadi da nostra parte de volerli fa-
re ad Vercelli». In questa occasione Iolanda evitò di discutere ed anzi
si disse «maravegliata che sia facto intendere a la excellentia vostra ch’el-
la volesse fare li Tri Stati a Turino, perché dice di tal cosa non ha facto
un minimo mottivo, et quando se faranno, essendo lo i. signore duca suo
consorte qui, non se faranno in altro loco che in questa terra»; ma alle
reiterate richieste dell’Appiani, desideroso di accertarsi che l’assemblea
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Su tutte queste vicende cfr.
gabotto
,
Lo stato sabaudo da Amedeo VIII ad Emanuele Fili-
berto
cit., II, pp. 207-526, e III, pp. 8-80;
marini
,
Savoiardi e piemontesi nel ducato sabaudo
cit.,
pp. 227-312, e i docc. pubblicati nei volumi V e VI di
tallone
,
Parlamento sabaudo
cit., in parti-
colare V, pp. 237, 295; VI, p. 234.